Alghe?

Si fa presto a dire “alghe”, in realtà non tutto ciò che è verde, vive in acqua e fa la fotosintesi è un’alga.
Innanzitutto cos’è la fotosintesi?
Dovremmo averla studiata tutti alle elementari, ma meglio ricordarlo.
La fotosintesi è quel processo biologico che grazie alla presenza di biossido di carbonio (CO2) e acqua produce glucosio e ossigeno (O2) sfruttando i raggi solari.

Chi fa la fotosintesi in acqua?

In realtà sono svariati organismi, che secondo la classificazione tassonomica attuale (a opera di Thomas Cavalier-Smith, 2004) appartengono a due domini e 4 diversi regni dei viventi

Dominio Prokaryiota

Regno: Bacteria

Cyanobacteria – cianobatteri

Dominio: Eukaryota

Regno: Chromista

Euglenophyta – euglenoidi
Chrysophyta – alghe giallo-brune
Dinophyta – dinoflagellate
Bacillariophyta – diatomee
Phaeophyta – alghe brune
Cryptophyta

Regno: Plantae

Chlorophyta – alghe verdi
Rhodophyta – alghe rosse
Glaucophyta
Charophyta
Magnoliophyta – piante marine piante superiori dotate di radici, fusto e foglie come ad esempio Poseidonia e Zostera

Regno: Animalia

Mollusca Elysia chlorotica
Mollusca Costasiella kuroshimae

Tra gli animali che sfruttano i raggi solari, una menzione speciale per Vespa orientalis, che non fotosintetizza, ma sfrutta comunque l’energia dei raggi solari
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21052618/

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Spostamento non cruento dei nidi di Vespa crabro

Di Claudio Deiaco e Luca Miselli

Il calabrone europeo Vespa crabro è un grande imenottero sociale essenziale per gli equilibri naturali, ma che talvolta può diventare problematico se fonda un nido troppo vicino a zone frequentate dall’uomo.
In questi casi è necessaria la rimozione del nido che normalmente comporta la morte dell’intera colonia.

Esiste però il modo di spostare i nidi senza distruggere la colonia come riportato dal commento di Claudio nel post facebook del gruppo Entomologia

Link al post originale

https://www.facebook.com/groups/157858384240686/posts/7413510605342058
Claudio Deiaco

“In Germania ci sono specialisti istruiti e autorizzati dalla NaBu nella rimozione e spostamento di nidi di vespe e calabroni, e ne hanno fatto un mestiere. E sì, spostamento, perché l’uccisione è pesantemente sanzionata.
Personalmente lo ho fatto in poche occasioni, e se si osservano alcuni parametri è fattibile senza particolari problemi.
Va da sé che bisogna usare vestiario protettivo e farsi assistere da qualcuno ugualmente bardato e protetto per tenere lontano curiosi o passanti accidentali.
Dopo la messa in sicurezza del sito si procede con l’aspirazione degli esemplari in arrivo al nido, direttamente al suo ingresso con aspirapolveri modificati, o autocostruiti, in modo che vengano raccolte in un ampio contenitore con appositi filtri senza essere lesionate da un sottovuoto eccessivo.
Aspirati tutti gli individui (può durare anche più di un ora) si libera l’accesso al nido e si toglie l’involucro cartaceo esternamente ai favi, continuando ad aspirare gli esemplari neosfarfallati e le operaie restie ad uscire, nonché la fondatrice, che costituisce l’esemplare di maggiore interesse e va tutelata al massimo. Spesso conviene prelevarla a mano con una pinzetta entomologica o direttamente con le dita.
Secondo la posizione e disposizione del nido si rimuovono i favi, e si collocano in scatole da trasporto per il trasferimento, facendo attenzione a non danneggiarli eccessivamente.
Si consideri che sono costituiti da materiale cartaceo molto friabile e 7n favo di 25 cm pieno di larve può arrivare a pesare attorno al kg.
Giunti a destinazione si adagiano i favi nella scatola preventivamente costruita e allestita con ripiani di fil di ferro disposto orizzontalmente a o sottili stecche di legno, nell’ordine nativo in senso verticale.
A questo punto si rilasciano le vespe nel box con i favi, aggiungendo anche la fondatrice, ma si tiene il foro d’ingresso chiuso per almeno 2-3 ore.
Perché il trasferimento abbia successo bisogna che si sposti il nido di almeno 2-3 km, altrimenti le vespe torneranno al luogo del nido iniziale.
Nel caso ottimale si esegue lo spostamento verso sera di una giornata non troppo calda, aprendo il foro d’ingresso del box con il nido spostato, all’alba del giorno seguente.
Per i primi giorni dopo la liberazione non è bene disturbare le vespe. In nessun modo. Per primo, perché sono estremamente sensibili e si allarmano per ogni più piccolo disturbo, secondo per dare loro tutto il tempo per eseguire con successo i voli di orientamento e abituarsi alla nuova località.
Non tutti gli spostamenti hanno esito positivo. Dipende dalla stagione e dallo stato generale del nido. Più operaie contiene al momento dello spostamento, meglio è, ma nel contempo più si va avanti nella stagione, più si riduce la riuscita.
Da metà-fine agosto si giunge al limite di periodo utile per spostare un nido con successo.
Se tutto è stato fatto a dovere, dopo solo 8-10 giorni, il nido riprende il suo ritmo e le operaie ricostruiranno l’involucro, e sistemeranno tutti i piccolo danneggiamenti che inevitabilmente avvengono. Tolgono anche eventuali larve lesionate o morte, e dopo 15-20 giorni il nido avrà quasi completamente superato ogni trauma.”

Ma perché fare tutto questo sforzo per spostarle vive?

Come detto i calabroni sono essenziali agli equilibri naturali, sono ottimi predatori di insetti dannosi per le colture agricole, sono indispensabili impollinatori, assieme ad altre vespe partecipano alla conservazione, sviluppo e diffusioni dei saccaromiceti necessari per la vinificazione.

In alcuni paesi come la Germania, la popolazione di Vespa crabro è in pericoloso declino ed è stata dichiarata specie protetta con sanzioni piuttosto pesanti che vanno dai 5.000 euro per l’uccisione non giustificata di un singolo esemplare, e arrivano fino a 65.000 euro per la distruzione non necessaria di un nido.

Qui l’elenco delle sanzioni

Articolo in Italiano de Il Mitte sull’argomento

Si ricorda che la pericolosità di Vespa crabro e Vespa orientalis è ampliamente sopravvalutata come già trattato nell’ articolo

Quanto sono davvero pericolose le Vespa crabro?

Altri link di approfondimento sull’argomento:

Vespa orientalis

Ciclo vitale del genere Vespa

Vespa mandarinia nel mondo

Goliardico, ma nemmeno troppo

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Zanzare: repellenti efficaci e truffe

Le zanzare sono un tassello essenziale delle rete trofica; libellule, pesci, uccelli anfibi, vari artropodi predatori, pipistrelli e altro ancora dipendono in larga parte dalle zanzare per il loro sostentamento alimentare.

Tra l’altro sono impollinatori importanti di tantissime piante e impollinatori esclusivi di altre. Senza le zanzare sul pianeta e non avremmo piante di cacao.

Quasi un milione di persone muoiono ogni anno a seguito delle zoonosi trasmesse dalle larve di zanzara, ma 8 miliardi sopravvivono grazie gli animali che se ne nutrono o alle piante che impollinano.

Sì ok, sono utili ho capito, ma non posso passare tutta estate a grattarmi per le loro punture.

Posto che eliminarle dall’ambiente sarebbe un grave danno anche per noi come possiamo diminuire il numero di punture che riceviamo da questi ditteri ematofagi?

Abbiamo messo a punto centinaia di rimedi, fisici, chimici e comportamentali alcuni molto efficaci, altri decisamente meno fino ad arrivare ad alcuni “rimedi” che sono in realtà delle vere e proprie truffe.

Secondo il ministero della salute https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_368_allegato.pdf

I prodotti di comprovata efficacia come repellenti sono quelli contenenti i seguenti

principi attivi:

– dietiltoluamide (DEET) https://en.wikipedia.org/wiki/DEET

– Icaridina (KBR 3023) https://en.wikipedia.org/wiki/Icaridin

– etil butilacetilaminopropionato (IR3535) https://it.wikipedia.org/wiki/IR3535

– paramatandiolo (PMD o Citrodiol) https://en.wikipedia.org/wiki/P-Menthane-3,8-diol

Questi principi attivi prodotti possono essere distribuiti come spray, stick cutanei, salviette umidificate e latti e gel da spalmare sulla cute.

Nota sulla Permetrina: la permetrina è un piretroide di sintesi estremamente efficace come insetticida ad ampio spettro, terribilmente inquinante e molto pericoloso per i gatti.

Per quanto abbia una azione anche come repellente, a livello Europeo è classificato come INSETTICIDA e non come REPELLENTE.

Quindi il BioKill, tanto amato da qualcuno, non è particolarmente gentile verso l’ambiente, verso i vostri gatti e nemmeno verso la nostra pelle coriacea. Se proprio volete usarlo, va spruzzato sui VESTITI e non sulla pelle, lo stesso dicasi per tutti i prodotti a base di DEET (vi ricordo scioglie la plastica, quindi non meravigliatevi se poi le plastiche trasparenti diventano opache).

Zampironi, Piastrine antizanzare (vape mat) e diffusori ambientali domestici a lunga durata (Vape Liquido 60 notti)

Zampironi e piastrine antizanzare contengono piretroidi.

Le piastrine e gli zampironi sono invece repellenti controindicati per persone asmatiche e allergiche, e se ne sconsiglia l’uso, come nel caso di repellenti a base di DEET, anche in presenza o nelle stanze di bambini sotto i 3 anni.

I diffusori ambientali a lunga durata come il Vape Liquido 60 notti sono a base di Pralletrina, un piretroide insetticida ben tollerato dai mammiferi e uccelli, ma estremamente tossico per insetti (incluse le api) e pesci.

https://en.wikipedia.org/wiki/Prallethrin

Sono invece truffe conclamate:

– prodotti omeopatici in genere, incluso il famigerato Ledum palustre

– i sistemi a ultrasuoni

– gli integratori vitaminici (fanno tanto bene alla salute, se ne siete in carenza, ma non aiutano ad evitare le punture di zanzara)

Scarsamente efficaci (praticamente nulla) con occasionali effetti irritanti su persone particolarmente sensibili

– oli essenziali e citronella

ecco cosa dice Altroconsumo sull’argomento https://www.altroconsumo.it/…/consigli/antizanzare-inutili

Ulteriori approfondimenti sui principi attivi e altri metodi dissuasivi https://www.altroconsumo.it/…/consigli-repellenti-zanzare

Opinione personale:

Chiaramente un singolo caso personale non ha alcun valore statistico.

A inizio giugno sono andato a fotografare uccelli di palude in Romagna, al tramonto… vi lascio immaginare.

Ho usato un prodotto a base di Citrodiol, estratto da eucalipto (se non altro ha un buon profumo) https://amzn.to/3YTP5cU

Ne sono uscito senza nemmeno un pizzico dopo diverse ore di esposizione.

Per tutti i principi attivi efficaci, si raccomanda di non usarli su bambini sotto ai 36 mesi di età, 24 nel caso di Paramatandiolo.

In ogni caso, per la protezione di bambini sotto i 36 mesi consultate il vostro pediatra.

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Uso dei nomi di animali e piante

L’uso dei nomi di animali e di piante
in tesi e pubblicazioni scientifiche
versione 1.1 (febbraio 2020)
di Alessandro Minelli

Link al documento originale scaricabile in PDF

Ranghi tassonomici

Negli ultimi decenni, con il consolidarsi della sistematica biologica attorno ai principi filogenetici (cladistici), si sta assistendo ad un progressivo abbandono dell’uso dei ranghi (o categorie tassonomiche) propri della classificazione tradizionale linneana, come famiglia, ordine, classe. Di questa scelta è raccomandabile tenere conto.

  • Se il lavoro non ha carattere tassonomico, è preferibile evitare di menzionare il rango del taxon citato.

I mammiferi contano circa 5000 specie piuttosto che la classe dei mammiferi conta circa 5000 specie

Castanea sativa appartiene alle Fagaceae piuttosto che Castanea sativa appartiene alla famiglia delle Fagaceae

  • Si raccomanda di evitare – soprattutto nei lavori di carattere non tassonomico – l’inserimento nel testo (compresi gli eventuali elenchi di reperti) di ‘tabelline’ che riportano l’intera gerarchia dei taxa sopraspecifici in cui ciascuna specie citata è inserita – come nell’esempio che segue, relativo a una singola specie, che può essere ridotto alla semplice citazione del nome scientifico di quest’ultima (Canis lupus Linnaeus, 1758).

Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Classe Mammalia
Ordine Carnivora
Famiglia Canidae
Genere Canis Linnaeus, 1758
Specie Canis lupus Linnaeus, 1758

  • Sono naturalmente accettabili (e spesso necessari) gli elenchi articolati in rubriche, come nell’esempio seguente:

Buprestidae
Buprestis novemmaculata Linné, 1767
Chalcophora intermedia (Rey, 1890)
Carabidae
Cychrus italicus Bonelli, 1810
Carabus (Chaetocarabus) lefebvrei bayardi Solier, 1835
Pterostichus ruffoi Sciaky, 1986
Pterostichus melas italicus (Dejean, 1828)


Nomi scientifici

  • Il nome scientifico delle specie animali o vegetali di cui si parla va sempre indicato per intero la prima volta che viene usato nel testo e, se vi compare, anche nel titolo della tesi o dell’articolo.

Caenorhabditis elegans; Drosophila melanogaster; Arabidopsis thaliana e non C. elegans, D. melanogaster, A. thaliana, e nemmeno Drosophila [se si riferisce a Drosophila melanogaster e non al genere Drosophila nel suo complesso] o Arabidopsis [id.]

  • I nomi di genere e di specie vanno scritti in corsivo (in tondo, però, il nome dell’autore e l’anno di descrizione, quando vengono precisati).

Homo; Rosa; Arabidopsis thaliana; Homo sapiens Linnaeus, 1758

Ugualmente in tondo va l’abbreviazione ‘sp.’ (plurale: ‘spp.’ in zoologia, ‘sp. pl.’ in botanica) che si aggiunge al nome di un genere quando non è necessario o non si sa indicare l’epiteto specifico (o gli epiteti specifici).

Carbus sp.; Rosa sp. pl.

In zoologia, il corsivo non va usato per i nomi di taxa di rango superiore al genere.

Hominidae; Passeriformes; Amphibia; Mollusca

In botanica, il corsivo si può usare anche per i nomi dei taxa di rango superiore al genere.

Rosaceae; Magnoliophytina

  • Nelle citazioni di una stessa specie successive alla prima, soprattutto se numerose e ravvicinate, il nome del genere può essere abbreviato.

Le specie rinvenute sono Geophilus pygmaeus, Clinopodes carinthiacus e Strigamia crassipes. Gli esemplari di C. carinthiacus sono stati rinvenuti ai piedi degli alberi.

Nell’applicare la norma precedente, occorre fare però attenzione alle possibili ambiguità. Se nel testo che precede sono state citate due o più specie appartenenti a generi diversi che iniziano con la stessa lettera, abbreviare il nome generico alla sola lettera iniziale è rischioso.

La discussione è qui limitata a poche specie: Carabus granulatus, Chlaenius velutinus e Cymindis humeralis. La presenza di Carabus granulatus [qui, preferibile rispetto alla forma abbreviata: C. granulatus] suggerisce che…

In una elencazione di specie appartenenti allo stesso genere, anche se non già citate in precedenza, il genere sarà abbreviato per tutte quelle che seguono la prima.

La fauna di Cipro include, tra gli Staphylinidae, Oxytelus laqueatus, O. piceus, O. sculptus, Platystethus arenarius, P. brevipennis, P. cornutus etc.

  • È di regola raccomandabile la specificazione dell’autore e dell’anno di descrizione della specie. Questo è necessario nei lavori di carattere tassonomico e fortemente raccomandabile in quelli (ad esempio, di natura faunistica o floristica) in cui si citano molte specie. Non si usa specificare autore e anno, invece, nei lavori che trattano solo di una specie modello, come Drosophila melanogaster.
  • A parte il caso di lavori di carattere tassonomico in cui vengono discusse le specie in questione, autore e anno vanno specificati una sola volta nell’intera tesi o nell’intero articolo: di norma, lo si fa in occasione della prima citazione, o in una sede opportuna come Materiali e Metodi, o in una tabella che contiene i nomi di tutte le specie citate.
  • Il Codice Internazionale per la Nomenclatura Zoologica prescrive l’interposizione di una virgola fra autore e anno e la collocazione di autore e anno fra parentesi nel caso in cui il binomio oggi in uso sia diverso dalla denominazione originaria della specie, perché quest’ultima è stata successivamente spostata in un genere diverso.

Cervus elaphus Linnaeus, 1758, il cervo rosso o cervo nobile europeo
[la specie è rimasta nel genere Cervus, per cui il suo nome attuale è identico a quello usato da Linneo nel 1758]

Rattus norvegicus (Berkenhout, 1769), la pantegana o ratto delle chiaviche
[descritto da Berkenhout nel 1769 come Mus norvegicus e successivamente collocato nel genere Rattus]

  • Le corrispondenti norme previste dal Codice Internazionale per la Nomenclatura di Alghe, Funghi e Piante sono più articolate. Se il binomio considerato accettato è identico a quello originariamente attribuito alla specie, al binomio stesso si fa seguire, senza parentesi, il nome dell’autore, di solito abbreviato, mentre l’anno viene omesso. Se, al contrario, il binomio accettato non è identico a quello originario, ad esempio perché la specie è stata in seguito spostata in un genere diverso, il nome dell’autore del binomio originario va messo, tra parentesi, subito dopo il binomio stesso ed è seguito, fuori parentesi, dall’abbreviazione dell’autore responsabile del nuovo binomio.

Canna indica L. e Heterotrichum pulchellum Fisch. sono esempi di nomi rimasti invariati.
Arabis verna (L.) R.Br. fu descritta da Linneo nel 1753 come Hesperis verna; la specie fu poi trasferita nel genere Arabis da Brown nel 1812.

  • In zoologia, nel caso in cui un genere sia diviso in sottogeneri, il nome del sottogenere – se si ritiene opportuno citarlo, ma non è obbligatorio – viene posto, tra parentesi, fra il nome generico e l’epiteto specifico. In tale posizione non deve essere mai messo un eventuale sinonimo del nome generico.

Carabus (Megodontus) germari Sturm, 1815;
ma non Plectogona (= Antroherposoma) vignai (Strasser, 1970)

  • In botanica, un genere può essere suddiviso in parti diversamente denominate, es. sottogeneri, sezioni o serie. Se specificato, il nome di una di queste divisioni va indicato come nel caso dei sottogeneri in zoologia; inoltre, il suo rango può essere specificato.

Loranthus (Ischnanthus) gabonensis, oppure Loranthus (sect. Ischnanthus) gabonensis

  • In zoologia, se all’interno di una specie vengono riconosciute delle sottospecie, il nome di queste viene espresso con un trinomio, come nell’esempio seguente. Per l’indicazione di autore e anno restano valide le norme precedenti.

Carabus germari fiorii Born, 1901, oppure Carabus (Megodontus) germari fiorii Born, 1901

  • In botanica vengono riconosciute suddivisioni della specie di rango diverso (sottospecie, varietà, etc.). Se specificato, il nome di una suddivisione della specie deve essere preceduto dall’indicazione del suo rango. In caso di autonimi (nome dell’entità sottospecifica identico a quello dell’epiteto specifico), il nome dell’autore si specifica solo dopo il nome della specie.

Aloe perfoliata var. vera L.; Salvia grandiflora subsp. willeana Holmboe
Lobelia spicata Lam. var. spicata

  • Va ricordato che il codice internazionale che disciplina la nomenclatura zoologica regola solo i nomi relativi a specie, generi e famiglie (e loro eventuali suddivisioni: sottospecie, sottogeneri, tribù, sottofamiglie), ma non i nomi dei taxa tradizionalmente considerati di rango superiore alla famiglia; anche a quest’ultimi si estendono invece le norme del codice che regola la nomenclatura di piante e funghi.

Nomi volgari

  • Tutti i nomi volgari (sia di specie che di taxa di rango superiore alla specie) si scrivono in tondo.

gatto, felidi, margherita, angiosperme

  • In passato, il nome volgare della specie veniva scritto con iniziale maiuscola nel caso in cui ci si riferisse al taxon, piuttosto che ad un individuo della stessa.

Il Capriolo appartiene ai Cervidi ma ho osservato un capriolo che si nutriva di germogli

La distinzione, non sempre facile, è stata progressivamente abbandonata e oggi in genere si accetta che i nomi volgari delle specie e dei taxa sopraspecifici vengano sempre scritti con iniziale minuscola.

capriolo, cervidi, mammiferi

  • Il nome della specie va trattato come etichetta invariabile (senza plurale):

questa popolazione di orso bruno e non questa popolazione di orsi bruni

Riferimenti utili

Repertori di nomi

Catalogue of Life [animali e piante del mondo, non ancora completo]
https://www.catalogueoflife.org/

Fauna Europaea [animali terrestri e d’acqua dolce d’Europa, sostanzialmente completo]
https://fauna-eu.org/

WORMS World Register of Marine Species [organismi marini del mondo, sostanzialmente
completo]
http://www.marinespecies.org/index.php

GBIF [diversi repertori, anche di nomi volgari in lingue diverse, e informazioni sulla distribuzione geografica; in progressivo sviluppo]
https://www.gbif.org/

Checklist delle specie della fauna italiana [la versione in rete comprende tutte le specie animali terrestri, d’acqua dolce e marine conosciute per l’Italia intorno al 1990; aggiornamenti sono previsti a partire dalla metà del 2020]
http://www.faunaitalia.it/checklist/

Portale della flora d’Italia [fornisce l’accesso a schede, con foto e dati di distribuzione geografica, per tutte le specie di piante vascolari d’Italia]
http://dryades.units.it/floritaly/

Norme che disciplinano la nomenclatura

International Commission on Zoological Nomenclature. 1999. International Code of Zoological Nomenclature (4th ed.). London: The International Trust for Zoological Nomenclature.

Turland, N. J. et al. (eds.) 2018. International Code of Nomenclature for algae, fungi, and plants (Shenzhen Code) adopted by the Nineteenth International Botanical Congress Shenzhen, China, July 2017 Regnum Vegetabile 159. Glashütten: Koeltz Botanical Books.

Lapage, S. P., Sneath, P. H. A., Lessel, E. F., Skerman, V. B. D., Seeliger, H. P. R., & Clark, W. A. (1990). International code of nomenclature of bacteria. Washington, DC: ASM Press.

Questo documento, redatto da Alessandro Minelli, tiene conto degli utili suggerimenti di Moreno Clementi e Giuseppe Fusco

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Quanto sono realmente pericolose le Vespe crabro ?

“Bonjour à tous…
Allora, qualche precisazione a proposito di Vespa crabro:

Di giorno i calabroni cacciano per alimentazione principale (90%) diverse specie di ditteri brachiceri (mosche) 500 gr./giorno per popolazione, la notte cacciano la Galleria mellonella (tarme maggiore della cera) e la Achroia grisella (tarma minore della cera) che durante la notte si introducono nelle arnie, per questo scelgono la vicinanza di un apiario per fare il loro nido. La predazione sulle api, verso Giugno, sarà 10/15 api/giorno per popolazione.
Pochi calabroni sono specializzati per la caccia alle api perché le proteine (torace del’ape) servono solo per la regina che depone le uova.

Il bisogno principale è la soluzione zuccherina che estraggono dalla frutta matura dopo averla intagliata con le loro mandibole (per questo sono fondamentali nel ciclo generale rendendo il cibo disponibile ad altri insetti sprovvisti di “cesoie”)

Dunque l’effetto su una famiglia di 40.000 api con 1500/3000 nascite/giorno= <1%

Precisioni sul veleno del Vespa crabro:
Definizione LD50: (Lethal Dose 50%) = quantità veleno/Kg. provocando la morte nel 50% dei casi (topi)
LD50 ape: 6 mg/kg = 40 punture/kg
LD50 V. crabro: 10 mg/kg (Haberman 1974)→ 90 mg/kg (Kulike 1986) = 154/180 punture/kg

Il veleno del’ape puo dunque essere da 1,7 a 15 volte più efficace del veleno di Vespa crabro.
La puntura di Vespa crabro, anche se meno pericolosa rispetto ad Apis mellifera, risulta comunque più dolorosa!

Rischio di RS (rezione sistemica)
Apis mellifera: 50%
Vespa crabro. : 25%

Confronto rischi RL/RS (veleno ape) per apicoltori

Reazione Locale
popolazione generale: 1,5 % – 18,6 %
apicoltori: 8 % – 14 %

Reazione Sistemica
popolazione generale: 0,8 % – 4 %
apicoltori: 15 % – 43 %

Fonte:www.hornissenschutz.de/frelons.htm
Un sito ben fatto, in Francese, Inglese, Spagnolo, Italiano e tedesco.

P:S: in Germania la multa per distruzione premeditata o accidentale di un nido di Vespa crabro arriva a € 65.000
Potete trovare i dettagli a riguardo qui https://www.bussgeldkatalog.org/tierschutz-wespe
Per chi ha difficoltà con il tedesco può leggere qui https://ilmitte.com/2022/08/germania-chi-uccide-una-vespa-rischia-multe-fino-a-65-000-euro/

La brutta reputazione del Calabrone risale probabilmente ad epoche lontane quando Greci, Galli ed altri (anche fino al Medio-evo) le allevavano (?) in giare di terracotta che venivano opportunamente catapultate/lanciate/fatte cadere nei ranghi del nemico … con effetti pungenti e forse mortali. (NB la stessa cosa veniva fatta con giare piene di serpenti, velenosi e innocui, lo scopo era causare il panico tra le file nemiche).

Cordialement, Gérard”

Nota: quando viene scritto “ape” o “api” si intende Apis mellifera.

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Progetti di Citizen Science

I rilevamenti della presenza e del numero di animali in natura ed in determinate zone è spesso un lavoro che richiede sforzi enormi.
Per questa ragione sono partiti molti progetti di Citizen Science, cioè progetti scientifici che si avvalgono dell’aiuto dei comuni cittadini per aiutare i ricercatori o gli enti promotori nella raccolta dei dati di campo.
Generalmente questi progetti funzionano con un sito web di appoggio e una App da scaricare sul proprio smartphone (non obbligatoria, ma comoda) che consente di scattare una foto e fornire informazioni quali posizione GPS e data del rilevamento.
I dati GPS forniti sono poi normalmente tenuti riservati o forniti solo a livello generale di area al fine di evitare fenomeni di bracconaggio o prelievo illegale.

Questi sono alcuni dei servizi disponibili, se ne conoscete altri segnalatemeli

AlienFish – Monitoraggio delle specie aliene nei nostri mari

Beewatching – Studia le oltre 2000 specie di Apoidei italiani

InNat – Dati su coleotteri, odonati, ortotteri, lepidotteri in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM)

iNaturalist – Progetto di identificazione mondiale di tutte le specie dei regni dei viventi.

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Vespa mandarinia nel mondo

Elenco dei luoghi dove sono stati rinvenuti esemplari di Vespa mandarinia o i suoi nidi,
Cliccare sull’immagine per aprirla Google maps.

Il calabrone gigante asiatico è presente in molti paesi asiatici dalla Cina fino al Giappone a Sud fino a Vietnam e ad Ovest fino al Nepal alle regioni orientali dell’India.

Da Agosto 2019, è anche presente in Nord America sulla costa del Pacifico vicino al confine tra Canada e Stati Uniti. Nella mappa sono indicate tutte le località dove sono stati trovati esemplari di Vespa mandarinia o i loro nidi.
Le ultime catture di Vespa mandarinia risalgono al 2021, nel 2022 non sono ancora stati individuati esemplari viventi di questa specie in Nord America, rimane attivo il monitoraggio con la flebile speranza di essere riusciti ad eradicarla.

Vespa mandarinia, conosciuta con il nome comune di Calabrone Gigante Asiatico o Calabrone Gigante Giapponese, è il più grande calabrone vivente del pianeta.
Le sue dimensioni sono impressionanti: il corpo può raggiungere e superare i 50 mm di lunghezza, mentre l’apertura alare arriva oltre gli 8 cm.

Questo esemplare rinvenuto in Yunnan raggiunge un’apertura alare di ben 93.51 mm ed una lunghezza del corpo (escludendo antenne, zampe e altre appendici mobili) di oltre 60 mm. Questo individuo era decisamente sopra la media delle già ragguardevoli dimensioni normali di questo grande calabrone.
Immagine di Daniele Valeriani che mostra le differenze di dimensioni tra le varie specie di imenotteri presenti in Italia e Vespa mandarinia.
Questo è il poster prodotto dal Washington State Department of Agriculture
con i dati della rimozione del nido di Blaine del 23 Ottobre 2020

Quanto è pericolosa Vespa mandarinia?

Dalle 15 alle 26 persone muoiono ogni anno in Giappone a seguito della puntura di Imenotteri (api, vespe e calabroni). In Cina questi numeri sono compresi tra le 30 e le 40 persone.
Quando si comparano questi dati con quelli di un paese Europeo come l’Italia, dove il servizio sanitario è gratuito e generalmente di buona qualità, e si notano dai 10 ai 20 morti all’anno, avendo una frazione della popolazione Cinese e circa la metà della popolazione del Giappone, si può dedurre che la Vespa mandarinia non sia affatto più pericolosa dei nostri calabroni Vespa crabro e Vespa orientalis.

Al di là di una piccolissima parte della popolazione che soffre di allergie specifiche, sono necessarie circa 60 punture di Vespa mandarinia per uccidere una persona adulta in buone condizioni di salute. La maggior parte delle persone punte da 30 calabroni giganti contemporaneamente sopravvive a questa dolorosissima esperienza.

Qui un video in inglese che riassume quanto espresso in questo articolo VIDEO

Per ulteriori informazioni guardate questo link

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Database online

Acta Plantarum – Schede delle piante Italiane

Araneae – database di ragni e altri Aracnidi italiani

Atlas Hymenoptera – Atlante mondiale degli Imenotteri

Bladmineerders – Parassiti delle piante d’Europa – fillominatori, galle e funghi

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Lotta biologica contro Halyomorpha halys

La cimice asiatica o cimice marmorata è arrivata in Europa nel 2004, le prime segnalazioni in Italia sono del 2012 (Modena).
Si tratta di un Emittero Pentatomide fitofago, come tutti i Rincoti ha un apparato pungente succhiante con il quale penetra nei tessuti delle piante per succhiarne i liquidi zuccherini. Questo causa una suberificazione, o una necrosi dei tessuti coinvolti, rendendo il frutto colpito invendibile o causando la morte del seme.
Questa specie è estremamente polifaga e attacca pomacee, drupacee, leguminose, solanacee, ecc.
Le stime dei danni all’agricoltura sono di svariate centinaia di milioni di euro ogni anno.
Inoltre, nei mesi freddi cerca rifugio nelle nostre abitazioni, causando non pochi disagi.

Nel 2012 i nostri normali predatori di cimici come ragni, mantidi, uccelli insettivori, anfibi, rettili ed i parassitoidi non riconoscevano questo insetto e quelli che hanno provato ad assaggiarlo lo hanno sputato disgustati.
Ci sono filmati (purtroppo non miei) di rospi che le sputano dopo averle morse e si puliscono la lingua con le zampe, ragni che tagliano la tela in cui sono rimaste intrappolate le cimici per liberarsene, persino mantidi che dopo un primo assaggio, la lasciano andare e si puliscono le mandibole.
Di seguito un paio di video di Mantide che lascia andare una Halyomorpha dopo averla assaggiata.

Riproduzione

Halyomorpha halys compie due generazioni all’anno deponendo una decina di ovature da 28 uova disposte in modo geometrico molto preciso.

La lotta chimica è risultata inefficace per combattere questo insetto, quindi ci si è concentrati sui metodi di lotta biologica.

Progetto di lotta biologica

I migliori candidati da utilizzare nella lotta biologica contro Halyomorpha halys sono tre imenotteri parassitoidi che depongono il proprio uovo all’interno dell’uovo della cimice.

  • Anastatus bifasciatus, autoctono
  • Trissolcus japonicus
  • Trissolcus mitsukurii

Tra questi 3 insetti, Anastatus bifasciatus è l’unico insetto autoctono già presente in Italia motivo per il quale Bioplanet di Cesena, ha puntato molto su questo insetto

https://bioplanet.eu/it/anastatus-bifasciatus/

Le femmine di Anastatus bifasciatus vivono circa un paio di mesi, nel corso dei quali depongono circa 50 uova all’interno di grandi uova di cimice. Gli adulti sono glicifagi (si nutrono di liquidi zuccherini come melata e nettare).

Inizialmente presentava caratteristiche promettenti. Nei primi test in ambiente controllato è arrivato quasi al 50% di ovature parassitizzate, purtroppo una volta provato in campo non ha superato il 6% di ovature colpite.
Non molto efficace in quanto è un parassitoide generalista, quindi colpisce molti altri insetti oltre ad Halyomorpha halys.
E’ stato comunque scelto di fare lotta biologica con questo imenottero autoctono nella regione autonoma del Trentino i lanci sono stati effettuati a Giugno 2020
3 mila esemplari sono stati rilasciati nei boschi vicino ai meleti di Nalles

Scartato Anastatus, si è passati a studiare gli imenotteri del genere Trissolcus originari delle stesse aree di Halyomorpha halys e suoi parassitoidi specializzati.

Ogni femmina di Trissolcus sp. depone una cinquantina di uova e l’insetto compie da 8 a 10 generazioni ogni anno in funzione dell’andamento climatico.

Prima di immettere una specie in un’area dove questa non è presente, vanno fatte varie considerazioni sull’impatto ambientale che questa azione comporterà e quali saranno gli effetti a lungo termine, a questo fine, il CREA DC ha redatto uno studio analizzando tutti questi fattori di rischio.

Mentre noi europei facevamo queste prudenti considerazioni, gli yankee dall’altra parte dell’atlantico hanno deciso di non aspettare e hanno lanciato Trissolcus sp. apparentemente senza causare grossi disastri ambientali (QUESTA volta gli è andata bene). Nel frattempo sono state trovate in Italia ovature di Halyomorpha halys parassitizzate da Trissolcus japonicus e Trissolcus mitsukurii che sono arrivate nel nostro paese spontaneamente seguendo i propri ospiti preferiti.

A questo punto, considerato che Trissolcus sp. era già presente nel territorio nazionale e tenendo in considerazione i risultati interessanti ottenuti in laboratorio di quarantena autorizzato, si è deciso di procedere all’allevamento e al lancio di Trissolcus japonicus.

I primi lanci sono avvenuti a Giugno 2020 rilasciando 66.000 esemplari in 5 regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte e nelle 2 province autonome di Trento e Bolzano.

A fine anno sarà possibile analizzare i dati della effettiva parassitizzazione da parte di Trissolcus japonicus, Trissolcus mitsukurii e Anastatus bifasciatus su ovature naturalmente deposte raccolte in alcuni dei siti di lancio.

Allevamento di Trissolcus Japonicus. Intervista a Lara Maistrello

Video 29 aprile presentazione progetto

https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/notizie/2020/aprile/online-materiali-video-webinar-contrasto-cimice-asiatica

Interventi

https://agricoltura.regione.emiliaromagna.it/convegni/2020/contrasto-alla-cimice-asiatica-la-lotta-biologica-con-il-parassitoide-trissolcus-japonicus

Nel 2020 abbiamo assistito ad un calo della popolazione di Halyomorpha halys rispetto agli anni precenti che può essere in parte dovuto anche ad altri fattori biotici e abiotici.
L’andamento climatico nel 2020 non è stato particolarmente favorevole ad Halyomorpha halys, e FINALMENTE i nostri ragni, mantidi ed altri animali insettivori hanno cominciato a mangiarsele… c’è voluto qualche anno, ma finalmente si sono adattati al gusto forte della cimice asiatica.

Ad oggi non è ancora possibile dire se i lanci hanno avuto successo o meno, in attesa dei dati definitivi, nei prossimi anni vedremo se i lanci di Trissolcus japonicus hanno portato all’effetto sperato.

Aggiornamento del 14/11/2020
In un articolo scientifico appena pubblicato si evidenzia l’attività di vari insetti normalmente presenti nella nostra fauna nel divorare uova e neanidi di 1a età di H. halys.
Particolarmente efficace si è rivelato un piccolo ortottero onnivoro. Vi rimando alla lettura dell’articolo per i dettagli.

Eupholidoptera chabrieri si è rivelato un ottimo predatore di uova e di neanidi di 1a età di H. halys fornendo un potenziale aiuto nel contenimento della specie invasiva.

Aggiornamento al 22/01/2021

Il CREA ha rilasciato un comunicato stampa in cui si annuncia che il 35% delle uova di Halyomorpha halys sono risultate parassitizzate da Trissolcus japonicus ed altri parassitoidi.
Qui il link comunicato.

Aggiornamento 26/02/2021

Intervista a Lara Maistrello sulla situazione a Febbraio 2021

Aggiornamento del 12/03/2021

Il programma dei lanci è stato rinnovato per le regioni e province che già avevano avuto approvazione nel 2020 ed è stato esteso anche ad altre regioni che ne hanno fatto richiesta tra le quali Liguria, Marche, Umbria, Campania e Sardegna.

Aggiornamento del 26/04/2022

Pubblicazione dell’articolo “Biocontrol implications of multiparasitism by Trissolcus mitsukurii and Trissolcus japonicus on the invasive brown marmorated stink bug
di Elena Costi, Emanuele Di Bella, Daniele Iotti, Lara Maistrello

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