COMPRENDERE IL NETWORKING

Introduzione (da saltare, serve solo all’ego degli autori):

Come si impara il networking?

Si impara solo sbattendoci il muso! Confessiamolo, non ce ne fregherà mai nulla di cosa sia un server Radius, fino a quando non ci troveremo a doverlo configurare magari appesi su una scala a pioli, con il portatile in mano collegandoci via hyperterminal alla porta di console SERIALE tramite un adattatore cinese usb-seriale… il tutto mentre reggiamo il cellulare per parlare con qualcuno che ci aiuta a tradurre gli ostici comandi CLI! se non avete capito i termini dell’ultima frase e non volete correre il rischio di trovarvi in una situazione simile vi consiglio di continuare la lettura.

I metodi per apprendere possono essere:

  • all’università, dove gli studenti sono troppo preoccupati a passare l’esame per rendersi conto di cosa stanno studiando e dopo l’esame sono troppo sollevati per poterselo ricordare mentre i docenti hanno troppo spesso idee solo teoriche di quello che stanno spiegando.
  • ai corsi professionali dedicati: tutto il networking in 8 ore… bravi, nell’intervallo facciamo anche un corso di chirurgia vascolare applicata e impariamo 8 lingue diverse mentre torniamo a casa; oppure ai corsi seri tipo 2 lezioni da 2 ore a settimana per mesi svolte dopo 8 ore di lavoro… certo, uno studente universitario ci mette circa 3 anni a capirci qualcosa, ma noi geni dei corsi professionali facciamo tutto dopo il lavoro.
  • parlando con i colleghi più esperti dove però quando si spiega qualcosa si da sempre quasi tutto per scontato e chi ascolta fa sempre finta di sapere già tutto o di capire al volo quando invece gli mancano le basi… confessiamolo, facciamo tutti così.
  • dalle riviste o dai libri: utilissimi, soprattutto per curare l’insonnia
  • da internet: ottimo, ma state ben attenti a quel che leggete e da quale sito, oltre alle informazioni utili si trovano anche un sacco di cavolate.

Nonostante l’ironia, tutti i sistemi sopracitati vanno bene ed è normale che si approfondiscano le proprie conoscenze solo quando ci serve davvero; ritengo però che sia utile sapere che un determinato argomento perlomeno ESISTE per poterne poi recuperare velocemente le informazioni utili all’occorrenza.

Le fonti principali che consiglio vivamente sono:

Nelle prossime settimane (Agosto 2020) approfondirò varie tematiche, partendo da un piccolo glossario per capirci meglio e continuando con i vari protocolli di trasmissione Wi-Fi e le rispettive caratteristiche.
Per i dettagli vedi la Roadmap in homepage

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Specie di pappagallo diffuse in Italia

Sapevate che ci sono alcune specie di pappagallo che vivono stabilmente in Italia?

Sebbene siano uccelli bellissimi, non è esattamente una buona notizia.
Tutte le specie di pappagallo presenti in italia sono alloctone e stanno causando diversi problemi alla fauna locale come competitori alimentari, minacciandone le nicchie ecologiche.
Soprattutto specie di uccelli di piccole dimensioni come il picchio muratore (Sitta europaea) devono competere per le cavità degli alberi dove riprodursi.

Le specie più diffuse finora sono:

  • Parrocchetto alessandrino (Psittacula eupatria), Il suo areale originario copre Afghanistan, Pakistan, India e tutta l’Indocina. Introdotto in Europa, Cina e Medio oriente è ora stanziale anche in Italia, avvistato a Roma presso il parco della Caffarella e Reggio Emilia.
    Psittacula eupatria
  • Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri manillensis), originario dell’Africa sud sahariana, India Introdotto in Medio Oriente, Cina e Europa meridionale. La sottospecie che si può trovare in Italia deriva dalla popolazione Indiana di Psittacula krameri manillensis.
    Esemplari di questa specie possono essere trovati in tutta Italia, inclusa la Sardegna.
    Psittacula krameri

Riporto il post di Ottaviano Andrea pubblicato su Facebook nel gruppo Cronache di piante e animali estinti, quasi estinti e redivivi

CRONACHE DI ANIMALI INVASIVI:

IL PARROCCHETTO DAL COLLARE (Psittacula krameri) IN UK.

E’ considerato da molti con benevolenza. In realtà quegli stormi di uccelli verdissimi che, specialmente al tramonto, solcano i cieli di molte località italiane, per quanto simpatici ed attraenti, appartengono ad una specie che potenzialmente potrebbe dimostrare alta invasività, nel futuro se già non lo è ora. Tra gli Psittaciformi, la specie a maggiore diffusione in Italia e Europa è appunto il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) di origine asiatica, ma non è certo l’unica. In tutto sono 5 le Specie di Psittaciformi che nidificano regolarmente da generazioni in Italia:

  • Amazzone fronte blu (Amazzone aestiva)
  • Inseparabile di Fischer (Agapornis fischeri)
  • Parrocchetto alessandrino (Psittacula eupatria)
  • Pappagallo monaco (Myiopsitta monachus)
  • Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri)

Prima di analizzare l’elenco, un inciso che risponde ad una domanda non per tutti immediata. Perché in un gruppo che si occupa di estinzioni e/o di animali /piante in pericolo di estinguersi o comunque in sofferenza, si trattano le Specie cosiddette invasive? Perché gli ecosistemi sono un po’ come la coperta di Linus, dove le varie nicchie ecologiche sono limitate. E’ quindi ovvio che se tiri la coperta, con l’immissione di una specie cosiddetta “aliena” (cioè alloctona), da qualche altra parte la coperta si “scopre” con la sofferenza o addirittura estinzione di una specie originaria, cioè autoctona. Gli ecosistemi selvatici sono qualcosa di profondamente diverso dal mondo di cerbiatti e uccellini in stile Biancaneve e i 7 nani. L’arrivo di una nuova specie proveniente da lontano, allorquando ovviamente diventa invasiva, provoca disastri nelle specie autoctone/originarie e Specie che occupano nicchie ecologiche sovrapponibili non coesistono, ma la più debole soccombe in tempi rapidi.

Finito l’inciso torniamo alla lista. Se le prime 3 specie presentano (ancora o definitivamente) territori e numeri ancora limitati, diverso è il discorso delle ultime (Pappagallo monaco e Parrocchetto dal collare), che soprattutto l’ultima presenta inquetanti segnali di invasività:

  1. Tassi riproduttivi elevati
  2. Ampiamento esponziale del territorio occupato

Questo peraltro non significa necessariamente che al momento il parroccheto causi ingenti danni alle popolazioni locali di competitor, la questione è ancora oggetto di vivo dibattito. Con questo bell’articolo del National Mueum of Natural History di Londra capiremo la stiuazione inglese e i danni derivanti dall’invasione dei parrocchetti dal collare. Soprattutto cercheremo di valutare il grado di invasività di questa bellissima specie.

Parrocchetti selvatici nel Regno Unito: delizie esotiche o un potenziale problema?

Di Ella Davies e Lisa Hendry articolo originale

È difficile non notare le frecce verde acido che urlano nel grigio cielo britannico. Le lunghe code e i colori vivaci dei parrocchetti dal collare stanno diventando sempre più familiari in tutto il Regno Unito, ma non senza arruffare qualche piuma.

Origini dei parrocchetti selvatici dal collare

Si possono trovare registrazioni di parrocchetti selvatici nel Regno Unito che risalgono alla metà del diciannovesimo secolo, ma è solo dalla fine degli anni ’90 che i rauchi pappagalli verdi sono stati visti in numero significativo a Londra e nel sud-est dell’Inghilterra e hanno iniziato a stabilirsi altrove in Paese. Comunemente noto come parrocchetto dal collare o, Psittacula krameri è originario dell’Asia e dell’Africa subsahariana. Per individuare la casa ancestrale degli uccelli che vivono in Europa, i ricercatori dell’Università del Kent hanno prelevato campioni di DNA da uccelli selvatici ed esemplari museali, tra cui alcuni custoditi al Museo di Storia Naturale di Tring. Gli scienziati hanno rintracciato la maggior parte dei parrocchetti del Regno Unito in Pakistan e nelle aree settentrionali dell’India.

Nessuno degli uccelli ha fatto il viaggio qui con il proprio potere: sono stati cartturati e portati qui per foraggiare il mercato interno del pet. Come con molti animali introdotti dal commercio di animali domestici, alcuni soggetti sono fuggiti o sono stati rilasciati, come partita invenduta. Il nostro clima si è rivelato un buon abbinamento per le aree più fresche a cui questi uccelli si sono evoluti ed adattati. Inoltre essendo stati liberati soggetti di cattura, questi sio sono adattati subito alla vita inn atura, cosa che soggetti nati e cresciuti in cattività, non sarebbero sati in grado di fare. Alla fine degli anni ’60 gli esperti confermarono che i parrocchetti dal collare si riproducevano a Londra e nel Kent e iniziarono a circolare alcuni racconti fantasiosi su come erano arrivatri lì.

Perché ci sono i parrocchetti a Londra?

Una teoria popolare era che gli uccelli fossero fuggiti dal set del film del 1951 The African Queen, girato a West London. Un’altra voce era che Jimi Hendrix ne avesse rilasciati un paio in Carnaby Street, proprio nel centro della capitale. Ma secondo uno studio che ha mappato le notizie storiche sugli avvistamenti degli uccelli, nessuno di questi miti urbani è vero.

I ricercatori della Queen Mary University di Londra hanno scritto che “la maggior parte degli ornitologi ritiene che la diffusione dei parrocchetti nel Regno Unito sia più probabile una conseguenza di rilasci e introduzioni ripetute”. Ma perché qualcuno dovrebbe rinunciare a un prezioso animale domestico? All’inizio degli anni ’30 e di nuovo negli anni ’50, la “febbre del pappagallo” fece notizia, i ricercatori hanno scoperto, con casi di proprietari di uccelli che contraggono la psittacosi, una malattia respiratoria che può provocare polmonite e può saltare dagli uccelli alle persone. Il Ministero della Salute vietò l’importazione di uccelli per 20 anni e gli scienziati sospettano che durante questo periodo gli animali domestici possano essere stati rilasciati da proprietari timorosi o da commercianti di animali poco raccomandabili. Fughe accidentali, come quando le voliere furono distrutte dalla Grande Tempesta del 1987, avrebbero potuto anche aumentare le popolazioni selvatiche, e non solo nel sud-est.

Tracce di volo e cibo dei parrocchetti verdi

I parrocchetti dal collare sono stati ora registrati nella maggior parte delle contee inglesi, in gran parte del Galles, oltre i confini scozzesi e persino attraverso il Mare d’Irlanda nell’Irlanda del Nord. Il British Trust for Ornithology ha stimato 12.000 coppie riproduttive nel 2016, con un numero in crescita. Mentre gli uccelli potrebbero essersi gradualmente diffusi dalla loro roccaforte di Londra alle contee circostanti, si pensa che le popolazioni più a nord siano il risultato di introduzioni separate. Stanno particolarmente bene vicino agli esseri umani e hanno costruito le loro case in molte delle nostre città e periferie, dal Richmond Park di Londra a Didsbury nel sud di Manchester e al Victoria Park di Glasgow.

In quali altre città del Regno Unito puoi vedere i parrocchetti?

I parrocchetti dal collare tendono a radunarsi nei parchi suburbani, nei grandi giardini e nei frutteti, che offrono forniture di cibo più affidabili e opportunità di nidificazione. Sono stati avvistati nelle seguenti città: Brighton, Bristol, Cardiff, Oxford, Birmingham, Nottingham, Liverpool, Manchester, Sheffield, Preston, Bradford, Glasgow ed Edimburgo.

Florin Feneru è un addetto all’identificazione e alla consulenza qui al Museo e un devoto fan dei pappagalli a cui piace guardare i parrocchetti verdi nel suo giardino londinese. Immaginando le nostre strade principali e gli ambienti edificati, potresti presumere che gli spazi urbani abbiano poco da offrire agli uccelli. Eppure Florin spiega che il mosaico di giardini, parchi, alberi maturi, siepi miste ed edifici più antichi con fori adatti per la nidificazione imita in realtà gli habitat forestali frammentati che gli uccelli prediligono nel loro areale nativo.

“I parrocchetti sono alimentatori opportunisti”, aggiunge Florin. ‘Hanno imparato a sfruttare una varietà di alimenti – tutti i tipi di semi e frutti. Mangiano fiori e giovani boccioli. Mangiano persino la corteccia degli alberi. Sono molto adattabili.’ La nostra passione per l’importazione di specie esotiche si estende nei nostri giardini, dove un’ampia varietà di piante provenienti da tutto il mondo fornisce risorse alimentari in qualsiasi stagione. E anche nel pieno dell’inverno, le mangiatoie per uccelli sono ben rifornite e i parrocchetti si fanno strada con i muscoli in testa a questo buffet gratuito.

Se vuoi evitare che gli stormi di parrocchetti afferrino tutti i tuoi semi e la sugna, dovrai appendere le mangiatoie in gabbia o quelle progettate per scoraggiare gli scoiattoli. Quando i parrocchetti sono apparsi per la prima volta nel Giardino Faunistico del Museo, Florin ha consigliato al personale di scacciarli. Spiega: “L’idea è di dare loro l’impressione che il posto sia pericoloso”. Ha funzionato: nessun parrocchetto è tornato in giardino dopo che i primi sono stati spaventati.

Sfortunatamente, questo approccio potrebbe scoraggiare anche gli uccelli nativi. Per armonia, potresti voler fornire un mix di alimentatori protetti e non protetti, risparmiando il grasso e i semi di valore superiore per le stazioni di alimentazione più difficili da raggiungere. Ma è più difficile scoraggiare i parrocchetti una volta che sono abituati a venire per il cibo.

Predatori di parrocchetti, suoni e litigi

I richiami dei parrocchetti dal collare sono uno dei motivi per cui alcune persone etichettano gli uccelli come “parassiti”: i loro strilli sono ripetitivi, striduli. Florin spiega che i parrocchetti comunicano principalmente in volo e in ambienti sociali come un posatoio, ma rimarranno più tranquilli intorno ai siti di nidificazione per evitare l’attenzione dei predatori. Allocchi, sparvieri e falchi pellegrini banchetteranno tutti con i parrocchetti, soprattutto se ce ne sono molti in una zona. Le loro uova e i giovani pulcini possono anche essere presi dagli scoiattoli grigi e Florin dice di aver assistito a lotte tra le specie. Tuttavia, i parrocchetti non sono sempre le vittime. “Per anni ho assistito ai loro combattimenti con scoiattoli e altri uccelli come storni e taccole”, dice. ‘Possono essere aggressivi e violenti. È noto che uccidono piccoli mammiferi come i pipistrelli nelle cavità degli alberi.

Combattenti piumati

Con una lunghezza media di 40 centimetri e con un potente becco per rompere i semi aperti, i parrocchetti dal colare sono personaggi duri che combattono per vincere. Nidificano nelle cavità degli alberi e hanno molta concorrenza per le risorse nei loro habitat nativi di altri pappagalli e specie di uccelli. È esattamente questo istinto competitivo che rende le persone nervose su come i parrocchetti potrebbero influenzare la fauna selvatica del Regno Unito costretta ad adattarsi a questi nemici verde brillante. La dottoressa Hazel Jackson è una ricercatrice affiliata all’Università del Kent e specialista in parrocchetti. È riluttante a definire il parrocchetto dal collo ad anelli un “problema” nel Regno Unito, ma afferma che sono necessari ulteriori studi scientifici per determinare se si tratta di una specie invasiva che causa danni alla fauna selvatica autoctona.

Spiega: “Uno studio nel Regno Unito ha dimostrato che dominano le mangiatoie per uccelli da giardino, come ci si aspetterebbe a causa delle loro dimensioni, rendendo più difficile per le nostre specie autoctone più piccole accedere al cibo offerto loro. I parrocchetti dal collare sono nidificatori di cavità, quindi possono competere con i nostri picchi muratori e picchi nativi per questi siti. L’unica prova concreta di ciò viene dal Belgio, ma ci sono molte prove aneddotiche attraverso filmati, ad esempio.”

I parrocchetti verdi non si sono solo stabiliti nel Regno Unito, ma si trovano in 35 paesi al di fuori del loro areale nativo, il che li rende una delle specie introdotte di maggior successo a livello globale. In altre parti del mondo, i parrocchetti dal collo ad anello stanno causando danni significativi, distruggendo i raccolti e minacciando la fauna selvatica vulnerabile. Ma nel Regno Unito, un’altra specie di parrocchetto si è guadagnata una reputazione peggiore ed è stata trattata in modo deciso dai funzionari.

Problemi con i parrocchetti

Il parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus) è originario del Sud America, ma dagli anni ’90 gli uccelli domestici sfuggiti si stabilirono in natura a Londra. Sfortunatamente, hanno la scomoda abitudine di costruire i loro nidi comuni su importanti infrastrutture, inclusa un’antenna per telefoni cellulari sull’Isola dei Cani, a Londra, dove il loro numero era maggiore. Preoccupato per le notizie dagli Stati Uniti, dove i parrocchetti hanno danneggiato i raccolti di frutta e provocato incendi dove nidificano sui tralicci dell’elettricità, il Department for Environment Food & Rural Affairs (Defra) è intervenuto. Dal 2011, i parrocchetti monaci sono stati catturati umanamente e uova e nidi sono stati rimossi. Otto anni dopo, Defra ha segnalato meno di 20 uccelli rimasti in natura e si aspettano che spariscano entro il 2022. Almeno nove parrocchetti monaci si sono riuniti in un nido molto grande su un albero, costruito con masse di ramoscelli. I parrocchetti monaci costruiscono grandi nidi comuni come questo nel loro nativo Sud America. Ma quando li costruiscono su tralicci dell’elettricità e altre infrastrutture piuttosto che sugli alberi, causano problemi. Gli enti di beneficenza per la conservazione stanno tenendo d’occhio i parrocchetti dal collare, ma la maggior parte concorda sul fatto che il programma di controllo per i parrocchetti monaci non sarà ripetuto per i loro cugini dal collo ad anello. Hazel afferma: “I parrocchetti dal copllare sono qui per restare: sono decine di migliaia e la loro popolazione sta crescendo. Sono qui da più di 50 anni ormai e finora non sono stati segnalati impatti evidenti e significativi sulla fauna selvatica del Regno Unito. Molti ritengono di aver trovato la propria nicchia qui. E sono una seconda [preda] preferita per i nostri pellegrini londinesi.” All’inizio del 2021, i resoconti dei media hanno suscitato polemiche suggerendo che nuove licenze di caccia potrebbero consentire l’uccisione dei parrocchetti dal collo ad anelli per proteggere le specie autoctone. Un portavoce di Defra ha chiarito che “sebbene i parrocchetti dal collo ad anelli siano una specie che potrebbe essere presa in considerazione per il controllo con licenze generali, ciò non dovrebbe essere inteso come un’implicazione che Defra stia pianificando un abbattimento”.

Se dovremo abbattere o meno la nostra popolazione residente di parrocchetti dal collare è ancora in discussione. Alcune persone amano gli uccelli luminosi, mentre altri sono preoccupati per le loro abitudini competitive. In definitiva, siamo responsabili dell’introduzione dei parrocchetti e dell’aiutarli a prosperare. Per ora, mentre cercare di attirarli nei nostri giardini potrebbe non essere una buona idea, studiare il loro comportamento almeno ci aiuta a capire meglio l’impatto delle specie introdotte.

“Se impariamo da questo e riduciamo drasticamente il commercio internazionale di animali selvatici, potremmo impedire molte altre introduzioni di questo tipo”, afferma Florin.

Dal Sito Natural History Museum of London

Ti interessa scoprire come fotografare le lucciole ?

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Fotografare le lucciole in volo nelle notti d’estate

In questo articolo affronteremo il tema di come fotografare le lucciole nel miglior modo possibile, e anche di conoscere un po’ meglio questi affascinanti animali.

Lucciola
Lucciole

Chi Quando Dove Come Perché

Chi:

Le lucciole comprendono circa 2000 specie di coleotteri della famiglia dei lampiridi in grado di produrre bioluminescenza.
Di queste una ventina di specie sono diffuse in Italia, tra queste

  • Lampyris noctiluca (Linnaeus, 1767)
  • Luciola italica (Linnaeus, 1767)
  • Luciola lusitanica (Charpentier, 1825)

Per un elenco più completo vedi https://www.lampyridae.it/le-lucciole-italiane/

Per conoscere meglio le lucciole presenti in Italia rimando a questo libro
http://www.cpadver-effigi.com/blog/guida-delle-lucciole-italia-fabrizio-fanti/

Guida delle lucciole d'Italia - di Fabrizio Fanti
Guida delle lucciole d’Italia –
Fabrizio Fanti

Biochimica della bioluminescenza

La bioluminescenza è causata dall’enzima luciferasi che in presenza di ossigeno, ossida il eterociclico Luciferina trasformandola in ossiluciferina. Nel processo vengono consumate anche molecole di ATP, quindi il processo è molto costoso in termini energetici per l’animale.
È una luce fredda, la cui lunghezza d’onda oscilla fra i 500 ed i 650 nm
Si tratta di illuminazione una forma estremamente efficiente, in cui solo il 2% dell’energia impiegata viene dispersa come calore. Per dare un’idea una vecchia lampadina a incandescenza converte l’energia elettrica producendo il 5% di luce ed il 95% di calore, mentre una modernissima lampada a LED nel 2020, riesce ad convertire l’energia elettrica con una produzione di 50% luce e 50% calore.

Fenomeni di bioluminescenza sono osservabili in diversi esseri viventi oltre alle lucciole tra cui:

  • lumaca d’acqua dolce Latia neritoides
  • alcuni batteri
  • diverse specie di funghi tra cui il micelio (ma non i corpi fruttiferi) di Armillaria mellea diffusa in Italia.
  • alghe unicellulari come la dinoflagellata Noctiluca scintillans
  • pesci di profondità
  • meduse come la Pelagia noctiluca, presente nelle acque italiane

Perché:

Le lucciole femmine di Lampyris sono attere (senza ali), quelle di Luciola sp. hanno le ali, ma preferiscono non volare. Come tutti i coleotteri sono pessimi volatori, e i maschi escono la sera dopo il tramonto per cercare le femmine.

In stadio di larva vivono 2 o 3 anni, nutrendosi di lumache e limacce grandi anche 200 volte più di loro. Da adulti, molte specie non si nutrono nemmeno, ma hanno unicamente la necessità di accoppiarsi.

La sera dopo il tramonto i maschi sorvolano la zona emettendo la luce intermittente alla ricerca delle femmine, le femmine rispondono portandosi in posizioni visibili e iniziando ad emettere la luce intermittente per segnalare ai maschi la disponibilità ad accoppiarsi.

Curiosità: ogni specie di lucciola ha la propria frequenza di lampi che permette di non confondersi e sbagliare partner, ma alcune lucciole del genere Photuris hanno imparato ad imitare il lampeggio delle altre specie e sfruttano questa loro abilità per predare gli ignari maschi che vi si avvicinano.

Quando:

A partire da fine maggio in pianura, risalendo di altitudine fino a fine agosto sui 1300-1500 metri
Di preferenza da un’ora dopo il tramonto fino alle 23.30 circa

Dove:

Nei sottoboschi radi o sotto alle siepi di grandi dimensioni.

Come:

Materiali:
Treppiede
Telecomando
Torcia elettrica (opzionale)

Settaggi:
Impostazione Bulb o Time
tempi dai 30″ a salire
ISO 800
Ottica 50-100 mm
Fuoco manuale

Tecnica:
Preparare la composizione e mettere a fuoco, quando c’è ancora luce, o in un BREVE periodo illuminando con una torcia elettrica

Avvertenze: quando illuminate artificialmente, le lucciole si “spengono” e interrompono la ricerca del partner.
Questo vale per fanali delle auto, lampioni, torce elettriche e persino lo schermo dei cellulari!!!
Se si insiste troppo, se ne vanno e non ritornano abbandonando gli accoppiamenti in quella zona, in quel caso, oltre a non poter più fotografare le lucciole avrete fatto un serio danno alla popolazione di quell’area.
Tenere le luci artificiali accese il meno possibile, quando le si spegneranno ci vorranno alcuni minuti prima che le lucciole si “riaccendano”.

Se poi volete fare una bella esperienza a colpo sicuro e avere la certezza di riuscire a fotografare le lucciole, contattate Paolo Taranto per farvi accompagnare in uno luoghi magici dove trovarne in abbondanza e fatevi guidare da lui.

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Durum wheat genome highlights past domestication signatures and future improvement targets

Marco Maccaferri, Neil S. Harris, Sven O. Twardziok, Raj K. Pasam, Heidrun Gundlach, Manuel Spannagl, Danara Ormanbekova, Thomas Lux, Verena M. Prade, Sara G. Milner, Axel Himmelbach, Martin Mascher, Paolo Bagnaresi, Primetta Faccioli, Paolo Cozzi, Massimiliano Lauria, Barbara Lazzari, Alessandra Stella, Andrea Manconi, Matteo Gnocchi, Marco Moscatelli, Raz Avni, Jasline Deek, Sezgi Biyiklioglu, Elisabetta Frascaroli, Simona Corneti, Silvio Salvi, Gabriella Sonnante, Francesca Desiderio, Caterina Marè, Cristina Crosatti, Erica Mica, Hakan Özkan, Benjamin Kilian, Pasquale De Vita, Daniela Marone, Reem Joukhadar, Elisabetta Mazzucotelli, Domenica Nigro, Agata Gadaleta, Shiaoman Chao, Justin D. Faris, Arthur T. O. Melo, Mike Pumphrey, Nicola Pecchioni, Luciano Milanesi, Krystalee Wiebe, Jennifer Ens, Ron P. MacLachlan, John M. Clarke, Andrew G. Sharpe, Chu Shin Koh, Kevin Y. H. Liang, Gregory J. Taylor, Ron Knox, Hikmet Budak, Anna M. Mastrangelo, Steven S. Xu, Nils Stein, Iago Hale, Assaf Distelfeld, Matthew J. Hayden, Roberto Tuberosa, Sean Walkowiak, Klaus F. X. Mayer, Aldo Ceriotti, Curtis J. Pozniak & Luigi Cattivelli 

Abstract

The domestication of wild emmer wheat led to the selection of modern durum wheat, grown mainly for pasta production. We describe the 10.45 gigabase (Gb) assembly of the genome of durum wheat cultivar Svevo. The assembly enabled genome-wide genetic diversity analyses revealing the changes imposed by thousands of years of empirical selection and breeding. Regions exhibiting strong signatures of genetic divergence associated with domestication and breeding were widespread in the genome with several major diversity losses in the pericentromeric regions. A locus on chromosome 5B carries a gene encoding a metal transporter (TdHMA3-B1) with a non-functional variant causing high accumulation of cadmium in grain. The high-cadmium allele, widespread among durum cultivars but undetected in wild emmer accessions, increased in frequency from domesticated emmer to modern durum wheat. The rapid cloning of TdHMA3-B1 rescues a wild beneficial allele and demonstrates the practical use of the Svevo genome for wheat improvement.

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