Mantidi e cacciatori di teste

di Fulvio Giachino
18/06/2020

Le mantidi, ovvero gli insetti appartenenti all’Ordine Mantodea, hanno da sempre affascinato l’uomo con il loro comportamento predatorio. Questi insetti nella maggior parte dei casi hanno quello che viene definito un comportamento predatorio opportunista, ovvero attendono che una preda gli passi vicino, per poi scattare con le zampe raptatorie, catturarla con le stesse, e cibarsene. Le zampe raptatorie sono infatti la caratteristiche principale di questo gruppo di insetti, anche se non esclusiva loro (esempi di zampe di questo tipo li ritroviamo anche, ad esempio, in alcuni gruppi di Neuroptera e di Hemyptera).

Fin da tempi antichissimi, l’osservazione della mantidi ha portato l’uomo ad attribuire loro svariati significati o poteri. Ad esempio, presso gli Egizi, la mantide era una figura sacra che indicava la via da percorrere ai defunti nell’oltretomba. La credenza che le mantidi avessero potere di indicare la via a chi fosse smarrito è rimasta radicata in Europa almeno fino al 1600. Il principale motivo di questa visione divina della mantide è da ricercarsi nella posa che tengono mentre attendono una preda, con le zampe raptatorie piegate in una posizione che ricorda quella di una persona in preghiera o in meditazione. Il termine “mantide” deriva appunto dalla parole greca che significa “indovino”. In Asia, invece, la mantide era vista come un animale intrepido, coraggioso e ferocemente combattivo, al punto da dare anche il nome ad uno stile di Kung Fu. Presso le popolazioni San del Kalahari, la mantide era invece un dio ingannatore, un “trickster” (un po’ come il Loki della mitologia nordica), che donò il fuoco all’uomo (ruolo che nella mitologia classica spettò a Prometeo).

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