Aggregazioni di Polistes in tarda stagione

Le vespe del genere Polistes sono le cosiddette vespe cartonaie, imenotteri eusociali piuttosto pacifiche che fanno piccoli nidi all’aperto tra l’erba alta e talvolta sulle pareti vicino alle nostre abitazioni.

Sebbene le femmine siano dotate di pungiglione, si tratta di animali molto tranquilli, non particolarmente pericolose né per le persone né per gli animali domestici. Nei rarissimi casi i cui si arrivi ad una puntura, normalmente si risolve in un dolore localizzato che sparisce da solo nel giro di qualche ora.

Per maggiori informazioni consultate la relativa pagina wikipedia

Questo articolo è tratto dal post sula pagina Facebook Wasp Journal,
Questo è il link all’articolo originale

Ho notato nelle ultime settimane che molte persone mi hanno chiesto delucidazioni in merito a gruppetti di vespe del genere Polistes trovati in punti a caso del loro giardino. Ho deciso dunque di spiegare in questo post perché ciò avviene e cosa sapere a riguardo 🙂

Immagino che la maggioranza di voi ormai sappia come si svolge il ciclo vitale di questi insetti. Inizia in primavera, con la creazione di un nido da parte di una o poche fondatrici; prosegue in estate con la nascita delle operaie e l’espansione della colonia; raggiunge il picco a stagione inoltrata con la nascita dei sessuati; termina fra fine estate e inizio inverno con l’abbandono del nido causa morte delle operaie.
I sessuati non sono altro che gli esemplari capaci di accoppiarsi, maschi e femmine fertili, queste ultime sverneranno e diventeranno a loro volta le fondatrici delle colonie dell’anno seguente.

Le aggregazioni che si vengono a creare in estate inoltrata possono essere di varia natura, vediamole caso per caso:

– RITROVI DI SESSUATI

Le aggregazioni più comuni sono costituite prevalentemente da femmine fertili. Dal momento che esse necessitano di conservare le energie per l’inverno, sono quasi costantemente in una sorta di modalità “risparmio energetico”. Si ammassano in punti protetti dalle intemperie e stanno lì tutto il giorno, interrompendo saltuariamente la siesta per andare a nutrirsi o accoppiarsi. Queste aggregazioni e tendono a diminuire col tempo, perché man mano che la stagione avanza le femmine fertili migrano in ritrovi sempre più numerosi situati in punti più protetti e fuori dalla portata dell’essere umano.

Un’aggregazione di femmine fertili si riconosce prevalentemente dal fatto che gli esemplari sono quasi tutti o tutti esemplari femmina (ma va?) quasi sempre dotati di un addome più voluminoso rispetto ad una comune operaia, per via delle scorte di grassi presenti in esso (immagine A).

Immagine A – Soggetti: femmine fertili di Polistes dominula. Si noti l’addome voluminoso.


Ci sono anche aggregazioni composte prevalentemente o esclusivamente da maschi (immagine B), per loro vale quanto detto sopra, con l’unica differenza che i maschi sono riconoscibili dalle antenne piegate all’apice e dalla faccia completamente gialla.

Immagine B – Soggetti: maschi di Polistes dominula in cattività

– LAZZARETTI

Poi ci sono aggregazioni composte da esemplari parassitati, infatti esiste un parassita chiamato Xenos vesparum, uno Strepsittero, che infesta le vespe cartonaie e le induce -tramite manipolazione ormonale- ad aggregarsi tutte insieme per facilitare l’incontro e l’accoppiamento fra i maschi e le femmine del parassita. Questo tipo di aggregazione è simpaticamente soprannominato “lazzaretto” e spesso coinvolge esemplari di ambo i sessi.

I lazzaretti possono formarsi anche presto nella stagione, e si riconoscono quasi sempre dal fatto che gli esemplari infestati dai maschi di Xenos recano un addome deformato, con alcuni segmenti rialzati dai quali sporge la pupa del parassita.

Per riconoscere un esemplare con parassiti si veda il link nei commenti, con all’interno due immagini di esemplari di Polistes parassitati da maschi di Xenos. Si noti che le femmine del parassita sono poco visibili perché piatte e nascoste quasi del tutto all’interno dell’addome della vespa, per cui non causano deformazioni addominali e sono più difficili da individuare.

– ABSCONDING

In fine, l’ultimo tipo di aggregazione è il risultato del fenomeno dell’absconding, che avviene quando il nido viene distrutto (da un predatore, un essere umano, un evento atmosferico o altro) e i membri della colonia, incluse le operaie, si ritrovano in un punto a poca distanza dal sito precedente, iniziando a costruire un nuovo nido.

L’absconding può anche essere frammentario, cioè la colonia per via del trauma subito si riunisce in più “mucchietti” dando vita a più nidi. Anni fa, quando ero ragazzino, dei bambini tirarono giù a sassate un grosso nido di Polistes gallicus che probabilmente conteneva una quarantina di operaie. Queste si riunirono in vari gruppetti, e dopo alcuni giorni si vennero a creare ben 6 nuovi nidi a poca distanza da dove il primo era situato. Nessuno di questi nidi raggiunse però una taglia degna di nota.

Le aggregazioni per absconding le si riconosce semplicemente dal fatto che dopo poche ore o giorni si osserva la presenza di un piccolo nido (immagine C). Sono generalmente rappresentate da operaie, ma è comune che vi si trovino anche maschi e femmine fertili.

Immagine C – Soggetti: individui di Polistes gallicus in absconding dopo la perdita del nido natale causa sfalcio di un terreno incolto nelle vicinanze. Si noti la presenza di un nuovo, piccolo nido in mezzo agli esemplari. Settembre 2018

COME COMPORTARSI DI FRONTE AD UN’AGGREGAZIONE DI POLISTES?

Questo dipende dal tipo di aggregazione, ma come regola generale queste vespe non sono aggressive in assenza di un nido da difendere.

Le aggregazioni di femmine fertili possono benissimo essere ignorate, in quanto questi individui rappresentano il futuro della loro specie, ne consegue che il loro istinto di autoconservazione è molto sviluppato: semmai le si dovesse disturbare inavvertitamente, esse volerebbero via senza pensarci due volte.

Le aggregazioni di maschi non rappresentano alcun problema per il semplice fatto che i maschi non sono dotati di pungiglione. Non potrebbero farci del male neanche se volessero.
L’unico problema insorge nel caso in cui un’aggregazione di sessuati contenga anche una o più operaie a loro protezione. Ma questo scenario generalmente si verifica solo quando il punto di ritrovo è a poca distanza da un nido attivo.

Nelle aggregazioni per absconding, invece, bisogna stare un po’ più attenti: quegli esemplari hanno perso il nido originale e stanno cercando di ricominciare la loro colonia, quindi saranno difensivi se ci si avvicina troppo al loro punto di ritrovo. Fortunatamente i Polistes sono generalmente tolleranti, quindi in ogni caso basta non avvicinarsi a meno di un metro di distanza dal nido e anche la colonia più “aggressiva” ci lascerà in pace. Se il nuovo nido si trova in un punto che giudicate pericoloso, basterà buttarlo giù di notte quando gli esemplari non sono attivi. Potreste dover ripetere l’operazione più volte prima che gli esemplari decidano di spostarsi.

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Glossario Networking

Parlando con alcuni colleghi mi sono reso conto che spesso parliamo lingue diverse. Alcune conoscenze si danno per scontate, e altre volte non c’è proprio il tempo di approfondire gli argomenti. Il risultato è che spesso facciamo le cose scimmiottando altri tecnici più esperti o scriviamo codice o configurazioni senza capire quello che scriviamo, da qui l’esigenza di avere un veloce glossario di riferimento per il networking.

Agli ingegneri informatici piacciono gli acronimi, a volte persino ricorsivi (es. GNU = Gnu is Not Linux)

Quanto segue non vuole essere un corso, ma solo un rapido glossario con una snella definizione ed i link alle risorse online per gli approfondimenti.

Una volta che si sa che un determinato argomento esiste, è più facile cercare informazioni su di esso.

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W Y Z

A

ARP

http://it.wikipedia.org/wiki/Address_Resolution_Protocol

B

Bit e Bytes

Si utilizzano per indicare dimensioni di file, capacità di memoria o velocità di trasmissione.

Un bit (simbolo “b” minuscolo) è la base dell’informazione informatica che può assumere valori 0 e 1, un byte (simbolo “B” maiuscolo) è una sequenza di 8 bit.

Ad esempio lo standard Ethernet 100 base T arriva alla velocità di trasmissione di 100 Mbps (100 megabit per secondo).

La  velocità di trasmissione si esprime in bit per secondo

1 bit/s

1 Kbps = 1.000 bit per secondo

1 Mbps= 1.000.000 bit per secondo

1 Gbps = 1.000.000.000 bit per secondo

Lo spazio disco e la RAM si esprimono in byte

1 bit = 1/8 byte — (binary digit)

1 B = 1 byte — (byte)

1 kB = 1.024 B — (kilobyte)

1 MB = 1.048.576 B — (megabyte)

1 GB = 1.073.741.824 B — (gigabyte)

1 TB = 1.099.511.627.776 B — (terabyte)

C

CIDR

http://it.wikipedia.org/wiki/CIDR#CIDR

CIDR (Classless Inter-Domain Routing) è un nuovo schema di indirizzamento introdotto nel 1993 per sostituire lo schema delle Classi di IP

Classi di IP

http://it.wikipedia.org/wiki/Classi_di_indirizzi_IP

Classe A

Sono IP dove vengono tenuti fissi i primi 8 bit (subnet mask 255.0.0.0) quindi possono avere 128 reti per un totale di 16.888.214 host

Es. xxx.xxx.xxx.xxx/8

Classe B

Sono IP dove vengono tenuti fissi i primi 16 bit (subnet mask 255.255.0.0) quindi possono avere 16.384 reti per un totale di 65.534 host

Es. xxx.xxx.xxx.xxx/16

Classe C

Sono IP dove vengono tenuti fissi i primi 24 bit (subnet mask 255.255.255.0) quindi possono avere 2.097.152 reti per un totale di 254 host possibili per rete

Es. xxx.xxx.xxx.xxx/24

IP di localhost loopback

Sono gli indirizzi 127.0.0.0/8

IP privati

Con IP privati si intendono IP destinati ad una LAN locale senza accesso ad internet oppure più probabilmente con un accesso ad internet “nattato” cioè protetto da una NAT (vedi in seguito) Possono essere di varie classi quali

192.168.0.0/16

172.16.0.0/12

10.0.0.0/8

Nella realtà i più diffusi sono quelli della classe 192.168.0.0/16 spesso usati come se fossero una classe C che consente 254 host

D

DDNS – Dynamic DNS

https://it.wikipedia.org/wiki/Dynamic_DNS

Il sistema DDNS è un servizio esterno che consente ad un utenza domestica, con IP Dinamico di essere raggiunto tramite FQDN dall’esterno. In pratica consiste in un client software da montare su un host che non appena si collega ad internet cerca il fornitore del servizio DDNS e gli comunica il proprio IP dinamico ad intervalli regolari.

Talvolta il servizio DDNS è offerto gratuitamente a chi acquista determinati hardware o servizi, altre volte lo si acquista tramite abbonamento annuale.

DHCP

http://it.wikipedia.org/wiki/DHCP

DNS

http://it.wikipedia.org/wiki/Domain_Name_System

E

Ethernet

http://it.wikipedia.org/wiki/Ethernet

Con questo termine ci si riferisce alla famiglia di tecnologie necessarie per far comunicare due o più computer tra di loro.

F

FQDN – Fully Qualified Domain Name

https://it.wikipedia.org/wiki/FQDN

L’indirizzo FQDN è un nome descrittivo che indica un server.
Nel caso di un host “miohost” all’interno di un dominio “miodominio.it” il FQDN sarà miohost.miodominio.it

G

H

Host (o nodo)

Con HOST intendo qualunque cosa dotata di un IP e potenzialmente raggiungibile via rete.

Può trattarsi di un server, un pc, una stampante, ma anche una lavatrice (non esagero purtroppo), un cellulare, una centralina metereologica… qualunque cosa sia in rete e possa essere raggiunta tramite indirizzo IP o MAC address.

I

IANA

http://it.wikipedia.org/wiki/IANA

http://www.iana.org/

ICANN

http://it.wikipedia.org/wiki/ICANN

http://www.icann.org/

Nel 1998 è stato istituito l’ente ICANN che a concentrato diversi compiti prece demente demandati ad altri organi (IANA, ecc).

ICMP

http://it.wikipedia.org/wiki/Internet_Control_Message_Protocol

IEEE

http://it.wikipedia.org/wiki/IEEE

È l’istituto che determina gli standard elettrici ed elettronici. Per esempio lo standard IEEE 802.11 che determina il funzionamento della rete WiFi, lo standard IEEE 802.3 che determina lo standard Ethernet, ecc.

IETF

http://it.wikipedia.org/wiki/Internet_Engineering_Task_Force

http://www.ietf.org/

Internet Engineer Task Force: sono un gruppo di ingegneri

IPv4

http://it.wikipedia.org/wiki/IPv4

È lo standard attualmente più utilizzato di Internet Protocol e prevede un massimo di poco meno di 4,3 miliardi di host possibili.

IPv6

http://it.wikipedia.org/wiki/IPv6

Si tratta dell’ultima versione dell’Internet Protocol, avrebbe dovuto sostituire la versione 4 dell’Internet Protocol dall’inizio del 2000.

Mentre IPv4 consente 232 hosts (circa 4,3 miliardi), con IPv6 questo numero passa a 2128

Dal 2008 l’ICANN ha cominciato ad implementare anche l’IPv6 oltre all’IPv4 e con la massima probabilità continueremo ad usare l’IPv4 ancora per parecchi anni.
Ad oggi dopo oltre 10 anni dalla sua introduzione nel mercato, IPv6 rimane ancora prevalentemente appannaggio dei grandi carrier di telecomunicazione, mentre nell’ambiente SOHO non viene praticamente usato.

J

K

L

LAN

http://it.wikipedia.org/wiki/LAN

M

MAC address

http://it.wikipedia.org/wiki/Indirizzo_MAC

N

NAT

http://it.wikipedia.org/wiki/Network_address_translation

Port forwarding

Se avete un server all’interno di una rete NAT è possibile istruire il router o il gateway che funge da NAT per trasferire le chiamate a determinate porte o servizi su un host al suo interno.

Tramite questo sistema è possibile offrire servizi di server Web, FTP, SSH o quant’altro la fantasia richieda

O

Onde Convogliate o Powerline

http://it.wikipedia.org/wiki/Onde_convogliate

L’esatto opposto del PoE, consente di trasportare i dati attraverso la linea elettrica.

Esistono attualmente 3 standard rispettivamente a 15, 85 e 200 Mbps

P

PoE

http://it.wikipedia.org/wiki/Power_over_LAN

Power Over Ethernet: consiste nel trasportare la corrente elettrica necessaria all’alimentazione dell’host tramite cavo dati Ethernet.

In pratica con il solo cavo dati portiamo anche l’alimentazione elettrica. Viene usato soprattutto per telecamere IP, telefoni VoIP e apparati di rete. Ha gli stessi limiti dello standard Ethernet (lunghezza massima del cavo 100 metri).

Porte

http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_porte_standard

Ogni host caratterizzato da un indirizzo IP può avere più servizi attivi alle diverse porte dei Protocolli di rete UDP e TCP . Ognuno di questi due protocolli può avere 65535 porte diverse. Si parla infatti di TCP 80 per indicare ad esempio il servizio http, oppure TCP 22 per il servizio SSH, o ancora UDP 53 per il DNS.

Lo standard indica determinati servizi a determinate porte (es. http tcp 80, https tcp 443) ma nulla vieta di avere determinati servizi a porte diverse o diverse istanze dello stesso servizio su porte diverse. Questo viene particolarmente utile nel caso di NAT senza l’utilizzo di un Reverse Proxy.
Per esempio in caso in installazioni molto semplici di videosorveglianza domestica senza un server diretto, potremmo avere la telecamera 1 all’indirizzo di DDNS http://casa.mioddns.it:81 per la prima telecamera e http://casa.mioddns.it:82 per la seconda telecamera.

Q

R

RADIUS server

http://it.wikipedia.org/wiki/RADIUS

RDP

RDP (Remote Desktop Protocol) è un protocollo di rete proprietario sviluppato da Microsoft, che permette la connessione remota da un computer a un altro in maniera grafica, utilizzando di default la porta TCP e UDP 3389.

https://it.wikipedia.org/wiki/Remote_Desktop_Protocol

Reverse Proxy

https://it.wikipedia.org/wiki/Reverse_proxy

ROUTING

http://it.wikipedia.org/wiki/Routing

RFC

http://it.wikipedia.org/wiki/Request_for_Comments

Gli RFC sono dei file di testo che contengono la “Request for Comments” cioè la richiesta di commenti degli ingeneri dell’IETF di definizione di uno standard. Cercando per esempio l’RFC 2616 da questa pagina http://www6.ietf.org/rfc.html otteniamo https://www.rfc-editor.org/info/rfc2616 che è un la definizione dello standard http.

S

Stack ISO/OSI

http://it.wikipedia.org/wiki/ISO/OSI

T

TCP

http://it.wikipedia.org/wiki/Transmission_Control_Protocol

Topologia di rete

http://it.wikipedia.org/wiki/Topologia_di_rete

Descrive la logica di comunicazione dei nodi di una rete.

Al momento le più utilizzate sono quella a stella (ethernet) e quella mesh (alcuni tipi di comunicazioni wireless zigbee o più raramente wifi)

U

UDP

http://it.wikipedia.org/wiki/User_Datagram_Protocol

V

VLAN

http://it.wikipedia.org/wiki/VLAN

VPN

http://it.wikipedia.org/wiki/Virtual_Private_Network

W

W3C

http://www.w3c.it/

http://it.wikipedia.org/wiki/W3C

È l’ente che si occupa della definizione degli standard dei linguaggi per il World Wide Web (HTML, XML, CSS, ecc)

Y

Z

Zeroconf

http://it.wikipedia.org/wiki/Zeroconf

Sono indirizzi 169.254.0.0/16

L’idea iniziale era di far comunicare i computer semplicemente collegandoli alla rete. L’idea era buona, l’applicazione pratica lo è stata meno.

Sotto Linux/BSD si chiama Avhai e non l’ho mai sperimentato

Microsoft lo ha chiamato APIPA e se vedete un indirizzo che comincia per 169.204.xxx.xxx solitamente ci sono rogne di rete

In casa Apple prende il nome di Rendezvous e incredibilmente funziona!!!

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Scorpioni illuminati con luce UV

Per trovare velocemente gli scorpioni nel buio, si possono usare illuminare con luce UV. L’esoscheletro degli scorpioni, contiene una serie di sostanze fluorescenti, come  esteri ftalati, β-carbolina e 7-idrossi-4-metilcoumarina, nella cuticola che quando viene illuminata da luce ultravioletta diventa fluorescente ben visibile ad occhio nudo ed è possibile fotografarla con normalissime macchine fotografiche e persino cellulari.
NOTA: la luce UV è dannose per la nostra retina e per la pelle, suggerisco di usare gli occhiali protettivi in dotazione con la lampada e di non illuminare la propria cute, né di puntare mai la lampada verso il viso o la pelle di altre persone.
Va bene per illuminare piante, oggetti inanimati e scorpioni. NIENT’ALTRO.

Per scattare questa foto ho usato i seguenti materiali

In realtà l’unica cosa importante è la lampada a led UV, per il resto si può usare anche la fotocamera del cellulare.
Ecco qui un video fatto con il mio scarsissimo cellulare Xiaomi

Rimando a questo divertente episodio di Wild Hunting di Cruz in the Bush sull’argomento
All’episodio ha collaborato anche Paolo Taranto di Fotografia Naturalistica per il reperimento degli scorpioni nei boschi.

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Uomini che odiano le mosche

di Fulvio Giachino
14/08/2020

La stragrande maggioranza della fantascienza e dell’horror a tema insetti vede in questi animali una minaccia per l’umanità. Fin dagli anni ‘50, periodo d’oro per i B-movie, sui nostri schermi appaiono enormi insetti inarrestabili, mutati, ingigantiti e con una passione smodata per la carne umana o per la distruzione di paesi e città. Varianti su questo tema, sono gli enormi sciami di insetti “normali” che calano sull’inerme popolazione, decimandola e divorandola. Il capostipite di questo sottogenere di cinematografia, è probabilmente da identificarsi in THEM!, noto al pubblico italiano come “Assalto alla Terra”. In questa pellicola del 1954 troviamo gigantesche formiche della specie Camponotus vicinus mutate dalle radiazioni degli esperimenti nucleari americani svolti nei deserti del New Mexico (poligono missilistico di White Sands, nei pressi di Alamogordo). 

Non è il primo esempio assoluto di film a base di radiazioni e mostri giganti (basti pensare a “Il risveglio del dinosauro” del 1953, che a sua volta ispirerà il primo Godzilla del 1954) ma è uno dei più importanti e di maggior successo. Rivoluzionò il cinema di genere: in un periodo in cui andavano per la maggior i film a base di invasori alieni, metafore della paura americana di un’invasione sovietica, “Assalto alla Terra” ci presenta una variazione su questa metafora. Le formiche giganti sono figlie delle armi nucleari, le cui radiazione le hanno trasformate in mostri giganteschi. Per quanto anche questa tematica sia figlia delle Guerra Fredda, il cambio di visione si ha dalla paura del distruttore esterno (la Russia e il comunismo) a quello del timore per l’autodistruzione a causa della guerra atomica, non importa la nazionalità belle bombe nucleari usate. Il pericolo molto concreto di un evento del genere in quel periodo storico, portò ad esorcizzare e a metabolizzare questa paura tramite moltissimi film, e “Assalto alla Terra” è tra questi. Son stati gli esperimenti nucleari americani e le loro armi atomiche a far nascere i mostri del film, e questi mostri ora minacciano l’umanità intera. Una metafora dei tempi in cui è stato girato insomma, come ogni buon film dovrebbe essere. Nei film a base di insetti giganti, il problema viene generalmente risolto alla maniera americana: grossi fucili, grosse bombe, grossi lanciafiamme. La soluzione è semplicemente quella di eliminare il mostro di turno senza andare ad intervenire sulle cause che l’han provocato. Riguardo questi aspetti autodistruttivi e di danni provocati dall’uomo possiamo vedere delle analogie con un racconto di fantascienza del 1929, avente come “protagonisti”, di nuovo, gli insetti. 

Continua su Innerscape

Odonati

Damigella
Maschio di Calopteryx splendens

L’Ordine degli Odonati comprende grandi insetti emimetaboli predatori, come Libellule e Damigelle, che passano la prima parte della loro vita in ambiente acquatico predando invertebrati, ma anche girini, pesci e persino piccoli serpenti, mentre nella fase adulta sono grandi volatori e predatori di insetti volanti.

Le ninfe degli Odonati non sono particolarmente veloci in acqua, stanno ferme attendendo che la preda gli passi abbastanza vicina per poi far scattare il labbro inferiore che è dotato di pinze in grado di ghermire anche animali relativamente molto grandi (qualche cm) come girini e avannotti o giovani serpenti appena nati.

L’Incredibile tecnica di caccia delle ninfe

La tecnica di caccia degli adulti consiste nell’afferrare al volo la preda con le zampe e finirla velocemente con le mandibole. Il rateo di successo della caccia degli odonati è tra i più alti in tutto il mondo animale tra il 90% ed il 97% contro il 20% dei felini (anch’essi considerati ottimi cacciatori).

Come fanno le Libellule ad essere predatori tanto efficienti

Presentano antenne cortissime ed una vista molto sviluppata.
Gli adulti tendono a riposare su dei posatoi da cui possono tenere d’occhio tutta la zona di caccia dall’alto. Sono cacciatori diurni e crepuscolari.


L’Ordine degli Odonati è diviso in 2 Infraordini principali:

  • Anisoptera
  • Zygoptera

Gli Anisotteri sono le classiche Libellule, si distinguono dagli occhi composti molto grandi che arrivano a toccarsi, le ali sono tenute parallele al corpo.
Il primo paio di ali è generalmente più grande del secondo paio.

Libellula
In questo Anisottero, si notano bene le minuscole antenne e i grandissimi occhi bicolori che circondano tutto il capo arrivando a toccarsi.
Foto di Valter Grillo

Gli Zigotteri sono le cosiddette Damigelle, generalmente un po’ più piccole delle Libellule hanno gli occhi ai lati del capo ben separati tra di loro e le ali in posizione di risposo sono ortogonali rispetto al corpo arrivando a toccarsi.
Entrambe le due paia di ali hanno la medesima dimensione e colore.

Calopteryx spendens male details
Calopteryx spendens maschio
con le ali tenute chiuse in posizione di riposo.
Foto di Luca Miselli
Damigella - di Paolo Taranto
Damigella – Foto di Paolo Taranto
In entrambe le foto si possono vedere i dettagli delle corte antenne, gli occhi ai lati della testa ben separati tra loro

In realtà ci sarebbe anche l’Infraordine degli Anisozygoptera di cui fa parte unicamente la Famiglia Epiophlebiidae a cui appartiene il solo genere Epiophlebia.
Questo genere contiene 4 specie diffuse tra Giappone e Cina
Epiophlebia diana Carle, 2012 Cina
Epiophlebia sinensis Li & Nel, 2011 Cina
Epiophlebia laidlawi Tillyard, 1921 alle pendici dell’Himalaya
Epiophlebia superstes (Selys, 1889) Giappone

Per saperne di più:

https://it.wikipedia.org/wiki/Odonata
https://it.wikipedia.org/wiki/Zygoptera
https://it.wikipedia.org/wiki/Anisoptera
https://it.wikipedia.org/wiki/Epiophlebia

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Soccorrere animali in difficoltà

Dove ti serve assistenza? ItaliaMalta

Assistenza in Italia

112CRAS In Mare LIPUEmergenza Ambientale

Purtroppo capita abbastanza spesso di imbattersi in animali feriti, dai piccoli uccelli ai grandi ungulati, fino a grandi mammiferi predatori o rapaci.

Non sempre abbiamo le competenze per poter soccorrere gli animali al meglio o senza compromettere la nostra incolumità; un animale ferito può essere molto pericoloso e se non sappiamo bene come soccorrerlo rischiamo di far male sia a lui che a noi stessi, quindi la cosa migliore è sempre contattare immediatamente i soccorsi e chiedere cosa fare.

Nel caso in cui non sia possibile intervenire subito o se ci viene chiesto di accudire l’animale temporaneamente mentre arrivano i soccorsi può essere utile questo libro.

Nati Liberi

Di seguito i recapiti per richiedere aiuto in caso si trovi un animale in difficoltà

112 – Numero Unico di Emergenza  

Chiamando il Numero Unico di Emergenza Europeo (NUE) che risponde al 112 , e comunicando all’operatore che si tratta di un animale ferito o in difficoltà, verranno inviate le guardie zoofile per soccorrere gli animali in difficoltà. Saranno poi queste ultime, dopo il recupero, a trasportare l’animale nel luogo opportuno (LIPU, clinica veterinaria, Centro fauna selvatica, canile, gattile, ecc.)

Elenco CRAS  

Centri di Recupero Animali Selvatici (CRAS) e
Centri di Recupero Animali Selvatici Esotici (CRASE)

I suggerimenti di un volontario del CRAS

1530 – Guardia Costiera  

La Guardia Costiera risponde al 1530 per tutte le segnalazioni riguardanti tutti gli avvistamenti o eventuali spiaggiamenti di specie protette ferite o in difficoltà (tartarughe marine, delfini, cetacei, ecc.

Sedi LIPU  

http://www.lipu.it/dove-siamo-con-un-click

1515 – Emergenza Ambientale  

Al 1515 risponde il nucleo di emergenza ambientale responsabile per:

  • incendi boschivi
  • taglio illegale di piante
  • abusivismo edilizio in aree protette
  • bracconaggio
  • pesca illegale
  • fauna ferita
  • sversamenti di sostanze tossiche
  • illecito smaltimento dei rifiuti
  • pubblico soccorso e protezione civile (persone disperse, segnalazione di frane, valanghe e alluvioni).

Assistenza a Malta

112 – Quale che sia l’emergenza, il Numero Unico Europeo è sempre il 112 in tutti i paesi dell’Unione Europea.

+356 9999 9505 – Wildlife Rescue Team Malta

1717 – Animal Welfare Department

Se avete altri numeri di assistenza in tutto il mondo o informazioni utili, segnalatemeli. Grazie.

I suggerimenti di un volontario del CRAS  

Testo di Iacopo Burattini

Mi permetto di aggiungere una serie di errori molto comuni che vengono fatti:

  • errori di identificazione – se non siete certi di che animale è non sbilanciatevi sperando di avere culo.
    Esempio: “ho trovato un piccolo falchetto”, poi magari è un rondone adulto.
  • non fidatevi di internet – se io scrivo su google che ho nausea e caviglie gonfie mi dice che sono incinta anche se sono un maschio.
    Esempio: i rondoni non volano da terra, quindi vanno lanciati… poi il rondone ha un’ala rotta e finite di ammazzarlo.
  • essere sempre onesti e raccontare le cose come stanno – gli operatori si accorgono se dite puttanate.
    Esempio: “ho trovato due cuccioli di volpe in piazza, ma hanno ancora gli occhi chiusi.”
    Bene, li mando a prendere dalla forestale perché qualcuno li ha certamente tirati fuori dalla tana.
  • il fai da te lasciatelo al bricolage del giardino – meglio non fare niente piuttosto che sbagliare.
    Esempio: “ho trovato un cucciolo di merlo, gli ho dato pane bagnato nel latte…”
    bene, è morto.
  • wild is not pet – se un selvatico è docile o è imprintato o è stordito, non trattatelo come animale domestico.
    Esempio: “ho trovato una volpe in strada, è docile, l’ho portata a casa.”
    Poi la mattina dopo chiamano perché era solo stordita e gli sta distruggendo il bagno.
  • no cibo e no acqua – se vi sentite male e andate al pronto soccorso, vi visitano e solo dopo, forse, vi danno cibo e acqua. Se i medici fanno così, un motivo ci sarà.
    Esempio: “ho trovato un uccellino ferito, gli ho dato acqua e zucchero con la siringa.”
    Ottimo, l’hai mandato in polmonite ab ingestis.
  • i cibi per umani o per domestici non è detta che vadano bene per i selvatici – rischiate di ammazzarli.
    Esempio: “ho trovato un pellegrino ferito, gli ho dato prosciutto crudo a fette.”
    Ottimo col sale gli hai mandato a puttane il fegato e i reni.
  • avere la fretta di fare invece della fretta di chiamare
    Esempio: “ho trovato un cucciolo di capriolo abbandonato dalla mamma, l’ho preso e portato a casa a cinquanta km.”
    Bravo, hai rapito un cucciolo lasciato li dalla madre mentre si ciba e l’hai condannato probabilmente a morte.
  • credere che vi dicano di lasciare gli animali li perché se ne fregano e non hanno voglia di venire
    Esempio: “ho trovato un cucciolo di merlo cosa faccio???”
    “lasciatelo li che ci pensano i genitori.”
    “ahhh, voi dovete venire, questo muore…”
    “si, muore se continui a rompergli i coglioni.”
  • pretendere tutto e subito – se non vengono subito può essere che abbiano altre urgenze.
    Esempio: “ho trovato un piccione con l’ala rotta.”
    “va bene, mettetelo nella scatola e in serata veniamo…”
    “ahhh, apoteosi…”
    magari non sapete che non vengono a prendere il piccione perché stanno andando a togliere un capriolo investito dalla strada; il piccione può aspettare, il capriolo no.
  • pretendere che facciano gli altri
    Esempio: “ho trovato un uccellino ferito”
    bene, può portarlo nel tal posto???
    “no, dovete venire voi…”
    Il tal posto magari è a dieci minuti a piedi, mentre per venire da te io in macchina ci metto un’ora e, intanto che io perdo tempo perché tu non mi aiuti, magari crepa un altro animale perché invece di poter andare sul lupo preso al laccio, sto venendo a prendere il tuo riccio uscito dal letargo.

p.s. questi esempi sono tutte cose che mi sono realmente capitate!

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Fotografare le stelle

Per fotografare le stelle non occorrono obbligatoriamente attrezzature particolari, molto spesso sono sufficienti obiettivi e macchine fotografiche anche modeste e qualche accorgimento che tenterò di spiegare.

Cielo stellato
Scattata con Nikon D5600, Obiettivo Nikkor 35mm f/1.8 Esposizione 8 secondi, ISO 3200, Treppiede Manfrotto con autoscatto a 10 secondi.

Materiali consigliati:

  • Reflex aps-c o full-frame
  • Treppiede stabile
  • Ottica corta (18mm, 35mm) preferibilmente con grande apertura di diaframma inferiore a f/4
  • Pulsante di scatto remoto, per non far vibrare la macchina fotografica durante lo scatto

Attrezzatura opzionale (non ne parlerò in questo articolo)

  • OPZIONALE – filtri per la riduzione dell’inquinamento luminoso
  • OPZIONALE – astroinseguitore

Impostazioni macchina fotografica:

  • Fuoco manuale (MF) mettendo a fuoco una stella (ok… farò un altro articolo su come farlo)
  • Usare un treppiede
  • Disabilitare lo stabilizzatore ottico (si disabilità sempre, se si utilizza il treppiede)
  • Scatto in modalità autoscatto, oppure usando telecomando o ancora meglio un intervallometro se si intende fare stacking di più foto (segue articolo sull’argomento)
  • Disattivare riduzione del rumore alle lunghe esposizioni, soprattutto se si useranno programmi di stacking come Deep Sky Stacker o Sequator
  • Massima apertura del diaframma. Idealmente meglio obiettivi molto sensibili sotto a f/4. Normalmente io scatto con un Nikkor 35mm f/1.8 oppure con un Sigma 105mm f/2.8, più raramente con un Tamron 16-300mm a 16mm f/3.5
  • Minima lunghezza focale: ottiche grandangolari o comunque molto corte per paesaggi notturni con cieli stellati, foto alla via lattea o a qualche costellazione. Con ottiche medie come il 105mm è possibile per esempio fare ottime foto alla nebulosa di Orione
  • ISO 800 : se avete una macchina con un ottimo sensore come la Nikon D850 potete anche salire di ISO arrivando a 3200 o anche 6400. Se avete una aps-c entry level, non andrei oltre gli 800/1600 ISO per evitare di avere troppo rumore.
  • Tempi lunghi, fino al limite consentito per evitare l’effetto startrail

La terra ruota piuttosto velocemente e se si tengono tempi di esposizione troppo lunghi, rischiamo di fotografare delle strisce luminose (startrail) anziché le stelle a fuoco. In funzione della lunghezza focale dell’obiettivo che stiamo utilizzando si possono avere tempi più o meno lunghi, ma sempre nell’ordine di alcuni secondi calcolati con la regola del 500 o, più recentemente, con la regola NPF.

Regola del 500

Per calcolare tali tempi si sempre usata la regola del 500, ma recentemente Frédéric Michaud de La Société Astronòmique du Havre ha creato un nuovo sistema che valuta anche altri aspetti ed il calcolo dei tempi di esposizione con questa formula pare essere molto più efficace.
La formula è abbastanza complessa ma la si può far calcolare online a questo indirizzo

Calcolo online regola NPF

Per fare un esempio concreto, fotografando con la mia Nikon D5600, ed un obiettivo 35mm con apertura f/1.8 posso un tempo massimo di scatto di 9 secondi se uso la Regola del 500, mentre se uso la Regola NPF dovrei stare sotto i 6,50 secondi.

Per non dover usare i calcolatori online, ma avere una comoda APP su cellulare, vi consiglio PhotoPills dove troverete sia il calcolatore della regola del 500 o che quello della regola NPF, oltre a molte altre funzioni, come gli strumenti per calcolare il tragitto della Via Lattea nella volta celeste, i punti esatti di passaggi di sole e luna nei vari momenti, i calendari con l’ora blu, l’ora d’oro ecc. ecc.
Personalmente ve la consiglio di cuore. La potete scaricare per Android e iOS dai relativi store

Disponibile su Google Play
Scarica

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Nik Collection

Versione Google gratuitaUltima versione DXO (pagamento)

La Nik Collection è una raccolta di plugin per il fotoritocco che velocizza alcuni processi della postproduzione.
Personalmente non la amo particolarmente, preferendo agire da solo sui parametri della foto in Lightroom o Photoshop.
Tuttavia riconosco che può velocizzare il processo di lavorazione delle foto.

Nel 2016 Google possedeva i diritti per la Nik Collection e decise di renderli scaricabili gratuitamente da chiunque. Quella versione è ancora disponibile e perfettamente funzionante.

Versione google gratuita

Software per Windows

Sofware per macOS

Nel 2017, i diritti del software furono venduto da Google a DXO che si è occupata dello sviluppo negli ultimi 3 anni. Per chi desiderasse acquistarli ecco il link

Sito DXO per acquistare la versione più recente

https://nikcollection.dxo.com/

Come funziona la Nik Collection
video di Digital Camera School

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COMPRENDERE IL NETWORKING

Introduzione (da saltare, serve solo all’ego degli autori):

Come si impara il networking?

Si impara solo sbattendoci il muso! Confessiamolo, non ce ne fregherà mai nulla di cosa sia un server Radius, fino a quando non ci troveremo a doverlo configurare magari appesi su una scala a pioli, con il portatile in mano collegandoci via hyperterminal alla porta di console SERIALE tramite un adattatore cinese usb-seriale… il tutto mentre reggiamo il cellulare per parlare con qualcuno che ci aiuta a tradurre gli ostici comandi CLI! se non avete capito i termini dell’ultima frase e non volete correre il rischio di trovarvi in una situazione simile vi consiglio di continuare la lettura.

I metodi per apprendere possono essere:

  • all’università, dove gli studenti sono troppo preoccupati a passare l’esame per rendersi conto di cosa stanno studiando e dopo l’esame sono troppo sollevati per poterselo ricordare mentre i docenti hanno troppo spesso idee solo teoriche di quello che stanno spiegando.
  • ai corsi professionali dedicati: tutto il networking in 8 ore… bravi, nell’intervallo facciamo anche un corso di chirurgia vascolare applicata e impariamo 8 lingue diverse mentre torniamo a casa; oppure ai corsi seri tipo 2 lezioni da 2 ore a settimana per mesi svolte dopo 8 ore di lavoro… certo, uno studente universitario ci mette circa 3 anni a capirci qualcosa, ma noi geni dei corsi professionali facciamo tutto dopo il lavoro.
  • parlando con i colleghi più esperti dove però quando si spiega qualcosa si da sempre quasi tutto per scontato e chi ascolta fa sempre finta di sapere già tutto o di capire al volo quando invece gli mancano le basi… confessiamolo, facciamo tutti così.
  • dalle riviste o dai libri: utilissimi, soprattutto per curare l’insonnia
  • da internet: ottimo, ma state ben attenti a quel che leggete e da quale sito, oltre alle informazioni utili si trovano anche un sacco di cavolate.

Nonostante l’ironia, tutti i sistemi sopracitati vanno bene ed è normale che si approfondiscano le proprie conoscenze solo quando ci serve davvero; ritengo però che sia utile sapere che un determinato argomento perlomeno ESISTE per poterne poi recuperare velocemente le informazioni utili all’occorrenza.

Le fonti principali che consiglio vivamente sono:

Nelle prossime settimane (Agosto 2020) approfondirò varie tematiche, partendo da un piccolo glossario per capirci meglio e continuando con i vari protocolli di trasmissione Wi-Fi e le rispettive caratteristiche.
Per i dettagli vedi la Roadmap in homepage

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Specie di pappagallo diffuse in Italia

Sapevate che ci sono alcune specie di pappagallo che vivono stabilmente in Italia?

Sebbene siano uccelli bellissimi, non è esattamente una buona notizia.
Tutte le specie di pappagallo presenti in italia sono alloctone e stanno causando diversi problemi alla fauna locale come competitori alimentari, minacciandone le nicchie ecologiche.
Soprattutto specie di uccelli di piccole dimensioni come il picchio muratore (Sitta europaea) devono competere per le cavità degli alberi dove riprodursi.

Le specie più diffuse finora sono:

  • Parrocchetto alessandrino (Psittacula eupatria), Il suo areale originario copre Afghanistan, Pakistan, India e tutta l’Indocina. Introdotto in Europa, Cina e Medio oriente è ora stanziale anche in Italia, avvistato a Roma presso il parco della Caffarella e Reggio Emilia.
    Psittacula eupatria
  • Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri manillensis), originario dell’Africa sud sahariana, India Introdotto in Medio Oriente, Cina e Europa meridionale. La sottospecie che si può trovare in Italia deriva dalla popolazione Indiana di Psittacula krameri manillensis.
    Esemplari di questa specie possono essere trovati in tutta Italia, inclusa la Sardegna.
    Psittacula krameri

Riporto il post di Ottaviano Andrea pubblicato su Facebook nel gruppo Cronache di piante e animali estinti, quasi estinti e redivivi

CRONACHE DI ANIMALI INVASIVI:

IL PARROCCHETTO DAL COLLARE (Psittacula krameri) IN UK.

E’ considerato da molti con benevolenza. In realtà quegli stormi di uccelli verdissimi che, specialmente al tramonto, solcano i cieli di molte località italiane, per quanto simpatici ed attraenti, appartengono ad una specie che potenzialmente potrebbe dimostrare alta invasività, nel futuro se già non lo è ora. Tra gli Psittaciformi, la specie a maggiore diffusione in Italia e Europa è appunto il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) di origine asiatica, ma non è certo l’unica. In tutto sono 5 le Specie di Psittaciformi che nidificano regolarmente da generazioni in Italia:

  • Amazzone fronte blu (Amazzone aestiva)
  • Inseparabile di Fischer (Agapornis fischeri)
  • Parrocchetto alessandrino (Psittacula eupatria)
  • Pappagallo monaco (Myiopsitta monachus)
  • Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri)

Prima di analizzare l’elenco, un inciso che risponde ad una domanda non per tutti immediata. Perché in un gruppo che si occupa di estinzioni e/o di animali /piante in pericolo di estinguersi o comunque in sofferenza, si trattano le Specie cosiddette invasive? Perché gli ecosistemi sono un po’ come la coperta di Linus, dove le varie nicchie ecologiche sono limitate. E’ quindi ovvio che se tiri la coperta, con l’immissione di una specie cosiddetta “aliena” (cioè alloctona), da qualche altra parte la coperta si “scopre” con la sofferenza o addirittura estinzione di una specie originaria, cioè autoctona. Gli ecosistemi selvatici sono qualcosa di profondamente diverso dal mondo di cerbiatti e uccellini in stile Biancaneve e i 7 nani. L’arrivo di una nuova specie proveniente da lontano, allorquando ovviamente diventa invasiva, provoca disastri nelle specie autoctone/originarie e Specie che occupano nicchie ecologiche sovrapponibili non coesistono, ma la più debole soccombe in tempi rapidi.

Finito l’inciso torniamo alla lista. Se le prime 3 specie presentano (ancora o definitivamente) territori e numeri ancora limitati, diverso è il discorso delle ultime (Pappagallo monaco e Parrocchetto dal collare), che soprattutto l’ultima presenta inquetanti segnali di invasività:

  1. Tassi riproduttivi elevati
  2. Ampiamento esponziale del territorio occupato

Questo peraltro non significa necessariamente che al momento il parroccheto causi ingenti danni alle popolazioni locali di competitor, la questione è ancora oggetto di vivo dibattito. Con questo bell’articolo del National Mueum of Natural History di Londra capiremo la stiuazione inglese e i danni derivanti dall’invasione dei parrocchetti dal collare. Soprattutto cercheremo di valutare il grado di invasività di questa bellissima specie.

Parrocchetti selvatici nel Regno Unito: delizie esotiche o un potenziale problema?

Di Ella Davies e Lisa Hendry articolo originale

È difficile non notare le frecce verde acido che urlano nel grigio cielo britannico. Le lunghe code e i colori vivaci dei parrocchetti dal collare stanno diventando sempre più familiari in tutto il Regno Unito, ma non senza arruffare qualche piuma.

Origini dei parrocchetti selvatici dal collare

Si possono trovare registrazioni di parrocchetti selvatici nel Regno Unito che risalgono alla metà del diciannovesimo secolo, ma è solo dalla fine degli anni ’90 che i rauchi pappagalli verdi sono stati visti in numero significativo a Londra e nel sud-est dell’Inghilterra e hanno iniziato a stabilirsi altrove in Paese. Comunemente noto come parrocchetto dal collare o, Psittacula krameri è originario dell’Asia e dell’Africa subsahariana. Per individuare la casa ancestrale degli uccelli che vivono in Europa, i ricercatori dell’Università del Kent hanno prelevato campioni di DNA da uccelli selvatici ed esemplari museali, tra cui alcuni custoditi al Museo di Storia Naturale di Tring. Gli scienziati hanno rintracciato la maggior parte dei parrocchetti del Regno Unito in Pakistan e nelle aree settentrionali dell’India.

Nessuno degli uccelli ha fatto il viaggio qui con il proprio potere: sono stati cartturati e portati qui per foraggiare il mercato interno del pet. Come con molti animali introdotti dal commercio di animali domestici, alcuni soggetti sono fuggiti o sono stati rilasciati, come partita invenduta. Il nostro clima si è rivelato un buon abbinamento per le aree più fresche a cui questi uccelli si sono evoluti ed adattati. Inoltre essendo stati liberati soggetti di cattura, questi sio sono adattati subito alla vita inn atura, cosa che soggetti nati e cresciuti in cattività, non sarebbero sati in grado di fare. Alla fine degli anni ’60 gli esperti confermarono che i parrocchetti dal collare si riproducevano a Londra e nel Kent e iniziarono a circolare alcuni racconti fantasiosi su come erano arrivatri lì.

Perché ci sono i parrocchetti a Londra?

Una teoria popolare era che gli uccelli fossero fuggiti dal set del film del 1951 The African Queen, girato a West London. Un’altra voce era che Jimi Hendrix ne avesse rilasciati un paio in Carnaby Street, proprio nel centro della capitale. Ma secondo uno studio che ha mappato le notizie storiche sugli avvistamenti degli uccelli, nessuno di questi miti urbani è vero.

I ricercatori della Queen Mary University di Londra hanno scritto che “la maggior parte degli ornitologi ritiene che la diffusione dei parrocchetti nel Regno Unito sia più probabile una conseguenza di rilasci e introduzioni ripetute”. Ma perché qualcuno dovrebbe rinunciare a un prezioso animale domestico? All’inizio degli anni ’30 e di nuovo negli anni ’50, la “febbre del pappagallo” fece notizia, i ricercatori hanno scoperto, con casi di proprietari di uccelli che contraggono la psittacosi, una malattia respiratoria che può provocare polmonite e può saltare dagli uccelli alle persone. Il Ministero della Salute vietò l’importazione di uccelli per 20 anni e gli scienziati sospettano che durante questo periodo gli animali domestici possano essere stati rilasciati da proprietari timorosi o da commercianti di animali poco raccomandabili. Fughe accidentali, come quando le voliere furono distrutte dalla Grande Tempesta del 1987, avrebbero potuto anche aumentare le popolazioni selvatiche, e non solo nel sud-est.

Tracce di volo e cibo dei parrocchetti verdi

I parrocchetti dal collare sono stati ora registrati nella maggior parte delle contee inglesi, in gran parte del Galles, oltre i confini scozzesi e persino attraverso il Mare d’Irlanda nell’Irlanda del Nord. Il British Trust for Ornithology ha stimato 12.000 coppie riproduttive nel 2016, con un numero in crescita. Mentre gli uccelli potrebbero essersi gradualmente diffusi dalla loro roccaforte di Londra alle contee circostanti, si pensa che le popolazioni più a nord siano il risultato di introduzioni separate. Stanno particolarmente bene vicino agli esseri umani e hanno costruito le loro case in molte delle nostre città e periferie, dal Richmond Park di Londra a Didsbury nel sud di Manchester e al Victoria Park di Glasgow.

In quali altre città del Regno Unito puoi vedere i parrocchetti?

I parrocchetti dal collare tendono a radunarsi nei parchi suburbani, nei grandi giardini e nei frutteti, che offrono forniture di cibo più affidabili e opportunità di nidificazione. Sono stati avvistati nelle seguenti città: Brighton, Bristol, Cardiff, Oxford, Birmingham, Nottingham, Liverpool, Manchester, Sheffield, Preston, Bradford, Glasgow ed Edimburgo.

Florin Feneru è un addetto all’identificazione e alla consulenza qui al Museo e un devoto fan dei pappagalli a cui piace guardare i parrocchetti verdi nel suo giardino londinese. Immaginando le nostre strade principali e gli ambienti edificati, potresti presumere che gli spazi urbani abbiano poco da offrire agli uccelli. Eppure Florin spiega che il mosaico di giardini, parchi, alberi maturi, siepi miste ed edifici più antichi con fori adatti per la nidificazione imita in realtà gli habitat forestali frammentati che gli uccelli prediligono nel loro areale nativo.

“I parrocchetti sono alimentatori opportunisti”, aggiunge Florin. ‘Hanno imparato a sfruttare una varietà di alimenti – tutti i tipi di semi e frutti. Mangiano fiori e giovani boccioli. Mangiano persino la corteccia degli alberi. Sono molto adattabili.’ La nostra passione per l’importazione di specie esotiche si estende nei nostri giardini, dove un’ampia varietà di piante provenienti da tutto il mondo fornisce risorse alimentari in qualsiasi stagione. E anche nel pieno dell’inverno, le mangiatoie per uccelli sono ben rifornite e i parrocchetti si fanno strada con i muscoli in testa a questo buffet gratuito.

Se vuoi evitare che gli stormi di parrocchetti afferrino tutti i tuoi semi e la sugna, dovrai appendere le mangiatoie in gabbia o quelle progettate per scoraggiare gli scoiattoli. Quando i parrocchetti sono apparsi per la prima volta nel Giardino Faunistico del Museo, Florin ha consigliato al personale di scacciarli. Spiega: “L’idea è di dare loro l’impressione che il posto sia pericoloso”. Ha funzionato: nessun parrocchetto è tornato in giardino dopo che i primi sono stati spaventati.

Sfortunatamente, questo approccio potrebbe scoraggiare anche gli uccelli nativi. Per armonia, potresti voler fornire un mix di alimentatori protetti e non protetti, risparmiando il grasso e i semi di valore superiore per le stazioni di alimentazione più difficili da raggiungere. Ma è più difficile scoraggiare i parrocchetti una volta che sono abituati a venire per il cibo.

Predatori di parrocchetti, suoni e litigi

I richiami dei parrocchetti dal collare sono uno dei motivi per cui alcune persone etichettano gli uccelli come “parassiti”: i loro strilli sono ripetitivi, striduli. Florin spiega che i parrocchetti comunicano principalmente in volo e in ambienti sociali come un posatoio, ma rimarranno più tranquilli intorno ai siti di nidificazione per evitare l’attenzione dei predatori. Allocchi, sparvieri e falchi pellegrini banchetteranno tutti con i parrocchetti, soprattutto se ce ne sono molti in una zona. Le loro uova e i giovani pulcini possono anche essere presi dagli scoiattoli grigi e Florin dice di aver assistito a lotte tra le specie. Tuttavia, i parrocchetti non sono sempre le vittime. “Per anni ho assistito ai loro combattimenti con scoiattoli e altri uccelli come storni e taccole”, dice. ‘Possono essere aggressivi e violenti. È noto che uccidono piccoli mammiferi come i pipistrelli nelle cavità degli alberi.

Combattenti piumati

Con una lunghezza media di 40 centimetri e con un potente becco per rompere i semi aperti, i parrocchetti dal colare sono personaggi duri che combattono per vincere. Nidificano nelle cavità degli alberi e hanno molta concorrenza per le risorse nei loro habitat nativi di altri pappagalli e specie di uccelli. È esattamente questo istinto competitivo che rende le persone nervose su come i parrocchetti potrebbero influenzare la fauna selvatica del Regno Unito costretta ad adattarsi a questi nemici verde brillante. La dottoressa Hazel Jackson è una ricercatrice affiliata all’Università del Kent e specialista in parrocchetti. È riluttante a definire il parrocchetto dal collo ad anelli un “problema” nel Regno Unito, ma afferma che sono necessari ulteriori studi scientifici per determinare se si tratta di una specie invasiva che causa danni alla fauna selvatica autoctona.

Spiega: “Uno studio nel Regno Unito ha dimostrato che dominano le mangiatoie per uccelli da giardino, come ci si aspetterebbe a causa delle loro dimensioni, rendendo più difficile per le nostre specie autoctone più piccole accedere al cibo offerto loro. I parrocchetti dal collare sono nidificatori di cavità, quindi possono competere con i nostri picchi muratori e picchi nativi per questi siti. L’unica prova concreta di ciò viene dal Belgio, ma ci sono molte prove aneddotiche attraverso filmati, ad esempio.”

I parrocchetti verdi non si sono solo stabiliti nel Regno Unito, ma si trovano in 35 paesi al di fuori del loro areale nativo, il che li rende una delle specie introdotte di maggior successo a livello globale. In altre parti del mondo, i parrocchetti dal collo ad anello stanno causando danni significativi, distruggendo i raccolti e minacciando la fauna selvatica vulnerabile. Ma nel Regno Unito, un’altra specie di parrocchetto si è guadagnata una reputazione peggiore ed è stata trattata in modo deciso dai funzionari.

Problemi con i parrocchetti

Il parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus) è originario del Sud America, ma dagli anni ’90 gli uccelli domestici sfuggiti si stabilirono in natura a Londra. Sfortunatamente, hanno la scomoda abitudine di costruire i loro nidi comuni su importanti infrastrutture, inclusa un’antenna per telefoni cellulari sull’Isola dei Cani, a Londra, dove il loro numero era maggiore. Preoccupato per le notizie dagli Stati Uniti, dove i parrocchetti hanno danneggiato i raccolti di frutta e provocato incendi dove nidificano sui tralicci dell’elettricità, il Department for Environment Food & Rural Affairs (Defra) è intervenuto. Dal 2011, i parrocchetti monaci sono stati catturati umanamente e uova e nidi sono stati rimossi. Otto anni dopo, Defra ha segnalato meno di 20 uccelli rimasti in natura e si aspettano che spariscano entro il 2022. Almeno nove parrocchetti monaci si sono riuniti in un nido molto grande su un albero, costruito con masse di ramoscelli. I parrocchetti monaci costruiscono grandi nidi comuni come questo nel loro nativo Sud America. Ma quando li costruiscono su tralicci dell’elettricità e altre infrastrutture piuttosto che sugli alberi, causano problemi. Gli enti di beneficenza per la conservazione stanno tenendo d’occhio i parrocchetti dal collare, ma la maggior parte concorda sul fatto che il programma di controllo per i parrocchetti monaci non sarà ripetuto per i loro cugini dal collo ad anello. Hazel afferma: “I parrocchetti dal copllare sono qui per restare: sono decine di migliaia e la loro popolazione sta crescendo. Sono qui da più di 50 anni ormai e finora non sono stati segnalati impatti evidenti e significativi sulla fauna selvatica del Regno Unito. Molti ritengono di aver trovato la propria nicchia qui. E sono una seconda [preda] preferita per i nostri pellegrini londinesi.” All’inizio del 2021, i resoconti dei media hanno suscitato polemiche suggerendo che nuove licenze di caccia potrebbero consentire l’uccisione dei parrocchetti dal collo ad anelli per proteggere le specie autoctone. Un portavoce di Defra ha chiarito che “sebbene i parrocchetti dal collo ad anelli siano una specie che potrebbe essere presa in considerazione per il controllo con licenze generali, ciò non dovrebbe essere inteso come un’implicazione che Defra stia pianificando un abbattimento”.

Se dovremo abbattere o meno la nostra popolazione residente di parrocchetti dal collare è ancora in discussione. Alcune persone amano gli uccelli luminosi, mentre altri sono preoccupati per le loro abitudini competitive. In definitiva, siamo responsabili dell’introduzione dei parrocchetti e dell’aiutarli a prosperare. Per ora, mentre cercare di attirarli nei nostri giardini potrebbe non essere una buona idea, studiare il loro comportamento almeno ci aiuta a capire meglio l’impatto delle specie introdotte.

“Se impariamo da questo e riduciamo drasticamente il commercio internazionale di animali selvatici, potremmo impedire molte altre introduzioni di questo tipo”, afferma Florin.

Dal Sito Natural History Museum of London

Ti interessa scoprire come fotografare le lucciole ?

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